CASSAZIONE: In appello il rinvio non basta (Italia Oggi Sette)

ITALIA OGGI SETTE

CASSAZIONE/ Conclusioni attraverso la valutazione di infondatezza del gravame
In appello il rinvio non basta
Il giudice non può motivare rifacendosi solo al I grado

lun.26 – Non è possibile che un giudice d’appello motivi la sua decisione col semplice rinvio alla sentenza di primo grado: non potrà esserci, pertanto, mera adesione, ma il giudice di seconde cure dovrà pervenire alle sue conclusioni attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.
Lo hanno affermato i giudici della sezione lavoro della Corte di cassazione con la sentenza n. 18103 dello scorso 14 settembre.
I giudici di piazza Cavour hanno altresì ricordato che il dovere di motivazione è imposto al giudice dall’art. 111, comma 6, Cost., a garanzia del corretto esercizio dei suoi poteri decisori in conformità delle regole fondamentali che lo disciplinano, a partire dal principio di legalità fino alla garanzia della difesa e a tutti gli altri principi che attengono alla giusta e corretta amministrazione della giustizia.
Si tratta, inoltre, di un dovere che trova consacrazione nell’art. 6 Cedu che, nonostante non contenga un riferimento letterale alla motivazione del provvedimenti giurisdizionali, viene comunemente considerato come il fondamento normativo dell’obbligo della motivazione nell’ordinamento sovranazionale.
L’art. 6, sotto la rubrica «Diritto ad un equo processo», sancisce infatti che ogni persona ha diritto a un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti ad un tribunale indipendente ed imparziale, costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e delle sue obbligazioni di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.
La sentenza, quindi, dovrà essere resa pubblicamente nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod proc. civ., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non Integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, purché la motivazione rispetti il «minimo costituzionale». (si veda anche Cass. Ss.uu. n. 8053/2014). Angelo Costa e Maria Domanico

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