IL SOLE 24 ORE
Assicurazioni. Risarcibilità da valutare anche rispetto a esigenze ambientali e ai costumi locali
Infortunio in itinere in bici Non conta la distanza
Per valutare l’esistenza di un infortunio in itinere la legittimità dell’utilizzo della bicicletta va valutata non solo in base al criterio della distanza che separa l’abitazione dal luogo di lavoro, ma tenendo conto anche di standards comportamentali esistenti nella società civile, fra cui la tendenza presente nell’ordinamento d’incentivare l’uso di questo mezzo. Una valutazione, quest’ultima, che rappresenta una novità conseguente all’entrata in vigore del collegato ambientale in vigore dal 2 febbraio scorso, secondo cui l’uso della bicicletta per andare al lavoro deve ritenersi sempre necessitato.
È sulla base di questa considerazioni che la Cassazione, con la sentenza 7313/16 depositata ieri, ha rinviato al secondo grado la decisione sulla controversia avviata da un lavoratore che il 2 gennaio 2008 aveva chiesto all’Inail il riconoscimento dell’infortunio in itinere per essere stato colpito da un motociclo mentre stava rientrando a casa in bicicletta al termine del turno, ricevendo una risposta negativa.
Dopo aver visto riconosciute le proprie ragioni dal Tribunale di Livorno, che aveva ritenuto che la distanza casa-lavoro da coprire fosse troppo ampia per andare a piedi, in considerazione delle esigenze legate a una famiglia con una persona anziana da assistere, e non abbastanza lontana per l’utilizzo del mezzo pubblico, il lavoratore si era visto rovesciare la sentenza dalla Corte d’appello di Firenze, a cui aveva ricorso l’istituto assicurativo. Per il Giudice di secondo grado, in particolare, non solo non era stata provata dal lavoratore la necessità contingente dedotta per l’utilizzo del mezzo privato (somministrare un’iniezione alla suocera), ma per la breve distanza da percorrere a piedi (500 metri), ancorché non coperta da mezzi pubblici, l’uso della bicicletta, soggetto ai pericoli del traffico, andava considerato come non necessitato.
La Cassazione, a cui il lavoratore si è alla fine rivolto, ha ritenuto che la valutazione operata in appello, ancorata al criterio della breve distanza da coprire tra il lavoro e l’abitazione, non basta per accollare la responsabilità dell’accaduto al lavoratore (catalogandolo come rischio elettivo).
Sul punto, riprendendo la giurisprudenza precedente, i giudici di legittimità ricordano che nel valutare la necessità o meno della scelta del mezzo privato da parte del lavoratore (la bicicletta in questo caso) si deve tener conto anche dei criteri di normalità e ragionevolezza, deteminabili in relazioni a valori fissati nella carta costizionale come la libertà di fissare la propria residenza (articolo 16), le esigenze familiari (articolo 31), la tutela del lavoro in ogni sua forma (articolo 35), la protezione del lavoratore in caso d’infortunio (articolo 38).
In questo contesto per la Cassazione l’articolo 12 del Dlgs 38/00, che disciplina l’infortunio in itinere, deve essere considerato «una norma elastica», da interpretare non solo facendo ricorso ai predetti valori costituzionali ma, di più, guardando anche ad altri standards in materia di attività connesse a quelle del lavoro, quali, ad esempio, le esigenze di un più intenso rapporto con la comunità familiare negli intervalli lavorativi. Come anticipato, rilevante diventa inoltre la tendenza «sempre più pressante» nell’ordinamento a favorire l’uso della bicicletta quale mezzo che riduce costi economici, sociali e ambientali. Per la Corte emblematico, da questo punto di vista, è il recente collegato ambiente (Legge 221/15), il quale integra la materia dell’infortunio in itinere chiarendo che l’uso della bicicletta deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato». Una norma, quest’ultima, entrata certo in vigore dopo l’infortunio in esame, ma di cui la Corte d’appello avrebbe dovuto tenere conto in chiave interpretativa.
La sentenza impugnata, in definitiva, per i giudici di legittimità «non ha fatto corretta applicazione» dei principi sopra affermati e perciò è stata rinviata ad un altro giudice di merito. Mauro Pizzin