IL SOLE 24 ORE
Fallimento. La stretta della Cassazione
Insinuazioni tardive: è necessaria la novità del credito
Milano. Le decisioni sulla insinuazione ordinaria dei crediti nella procedura concorsuale hanno valore di giudicato interno in materia di insinuazioni tardive. In sostanza, un credito per poter essere insinuato tardivamente deve essere diverso in base ai criteri del petitum e della causa petendi rispetto a quello fatto valere nella insinuazione ordinaria nè a questo fine basta una diversa quantificazione del credito oppure una differente denominazione/connotazione. Cosa diversa, invece, se è una legge retroattiva a “riqualificare” un credito – per esempio innalzandolo a «privilegiato» da «chirografario» – nel qual caso può essere rivisto il provvedimento di insinuazione.
Con una sentenza molto articolata la Prima sezione civile della Cassazione (sentenza 9618/16, depositata ieri) torna su un tema ampiamente percorso dalla giurisprudenza, a partire dal 2006, per declinarlo in una vicenda fallimentare molto complicata. Vicenda in cui la banca (Carige) chiedeva l’ammissione al passivo del fallimento di una snc per un credito chirografario di oltre 237mila euro, in forza di un finanziamento ipotecario – con ipoteca da terzo datore- ad azienda artigiana. Solo dopo la declaratoria di esecutività dello stato passivo, avvenuta a distanza di nove mesi dal fallimento, la banca richiedeva l’ammissione tardiva del credito nel frattempo “riqualificato” in ipotecario, in forza del medesimo contratto di mutuo-finanziamento artigiano. A rendere così sincopato il cammino dell’insinuazione era la natura della vendita sottostante il finanziamento, perché riguardava un immobile vincolato al parere della Sovrintendenza, determinando quindi un contratto soggetto a condizione. A complicare ulteriormente la partita, si legge nel ricorso della banca, c’era la circostanza che il mancato esercizio della prelazione sull’immobile da parte del ministero (e la conseguente vendita, attraverso cui si “riqualificava” il credito) era avvenuto all’oscuro del finanziatore stesso. Ma proprio su questo punto di fatto i giudici di merito avevano respinto il ricorso, sostenendo che, se così fosse, la banca avrebbe subito revocato il finanziamento, cosa non avvenuta. Da qui la decisione del Tribunale, avallata anche dalla Cassazione, di far valere l’effetto preclusivo della declaratoria dello stato passivo – in cui il credito era stato qualificato «chirografario» – «in mancanza dell’assoluta novità della domanda tardiva rispetto alla richiesta tempestiva ammessa». Alessandro Galimberti