CASSAZIONE: Interessi, deducibilità ampia (Italia Oggi)

ITALIA OGGI

Cassazione
Interessi, deducibilità ampia

Gli interessi passivi sono sempre deducibili (anche se nei limiti di cui all’art. 63, oggi art. 96 del dpr 917/86), senza che sia necessario operare alcun giudizio di inerenza. È la Corte di cassazione che lo afferma, con sentenza 4 marzo 2016, n. 4339. L’amministrazione finanziaria, in sede di accertamento, disconosceva gli interessi passivi di una società in quanto non inerenti. In particolare a parere dell’Ufficio non vi era alcuna valida ragione economica che giustificasse il pagamento di interessi passivi ad istituti bancari più onerosi degli interessi attivi applicati a due finanziamenti erogati a due società che possedevano la maggioranza del capitale sociale della contribuente. Le Commissioni tributarie provinciale e regionale sul punto respingevano il ricorso. La società ricorreva in Cassazione rilevando la violazione dell’art. 75, comma 5 del Tuir, ai sensi dell’art. 360, n. 3 cpc. La contribuente affermava che il rilievo afferente l’indeducibilità degli interessi passivi quali costi non inerenti, non poteva trovare accoglimento stante l’inconferenza del disposto normativo rispetto al caso di specie. Ed invero l’art. 75, comma 5 del Tuir riguardava la deducibilità di spese e di altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi se relativi ad attività o beni da cui derivavano ricavi o altri proventi che concorrevano a formare il reddito. Ergo la deducibilità degli interessi passivi doveva essere indipendente dal giudizio di inerenza. La Cassazione ritenendo fondato il motivo, rilevava che ai fini della determinazione del reddito d’impresa, gli interessi passivi dovevano considerarsi sempre deducibili, anche se nei limiti di cui all’art. 63 (oggi 96), senza che dovesse essere necessario operare alcun giudizio di inerenza. Il recupero fiscale veniva giustificato sulla scorta dell’applicazione del disposto di cui all’art. 75, comma 5, che invece riguardava il giudizio di inerenza per spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, quindi in sfregio del suo contenuto precettivo. Stante l’erronea applicazione e interpretazione semantica del disposto normativo, prima dell’amministrazione finanziaria, e poi delle Commissioni tributarie, la Corte di cassazione riteneva fondato il ricorso. Valentino Guarini e Giovanni Cataldi

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