CASSAZIONE: La cartella deve indicare il tasso d’interesse applicato (Il Sole 24 Ore)

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Cassazione. Al contribuente va consentita la verifica sui calcoli
La cartella deve indicare il tasso d’interesse applicato

È illegittima la cartella di pagamento emessa per la riscossione degli interessi qualora non sia indicato il tasso applicato. Solo così infatti, il contribuente può verificare la correttezza dei calcoli eseguiti. Ad affermarlo è la sentenza 24933/2016 della Corte di cassazione depositata ieri.
La vicenda trae origine da una cartella di pagamento con la quale erano richiesti interessi e compensi di riscossione. Più precisamente, l’agenzia delle Entrate dopo aver revocato la sospensione del pagamento di un’imposta di successione, ha iscritto a ruolo gli interessi dovuti sull’intero periodo di sospensione.
Il provvedimento è stato impugnato lamentando un’omessa motivazione, atteso che non era indicato il tasso di riferimento utilizzato per il calcolo delle somme dovute.
La commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso e la decisione è stata confermata anche in grado di appello, sul presupposto che il contribuente non era stato posto in condizione di ricostruire l’iter logico-giuridico seguito dall’ufficio.
L’Agenzia ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la cartella di pagamento fosse sufficientemente motivata: riportava, infatti, sia il periodo relativamente al quale erano maturati gli interessi dovuti, sia gli estremi del provvedimento di revoca della sospensione e pertanto era possibile per il contribuente il controllo di quanto dovuto. I giudici di legittimità, confermando la decisione di merito, hanno innanzitutto rilevato che la cartella di pagamento quando non è preceduta da un avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile. Tale obbligo deriva dai principi di carattere generale previsti per ogni provvedimento amministrativo e, in ambito tributario, dall’articolo 7 della legge 212/2000 (Statuto del contribuente).
Nella specie, l’assenza del tasso e del metodo di calcolo degli interessi, impediva qualunque controllo sulla correttezza del totale dovuto. Sebbene, infatti, l’interessato fosse a conoscenza dell’imposta sulla quale tali somme erano state calcolate e ben poteva verificare il periodo relativamente al quale erano maturati tali interessi, solo con l’indicazione del tasso avrebbe potuto ricostruire il metodo seguito dall’ufficio e riscontrarne la correttezza.
La decisione appare particolarmente interessante poiché spesso le cartelle di pagamento riferite ai soli interessi maturati, riportano esclusivamente il totale dovuto, senza alcuna indicazione del tasso applicato.
È il caso, ad esempio, delle somme sospese in pendenza di giudizio, le quali solo in esito ad una decisione sfavorevole del giudice tributario devono essere versate. Su tali imposte, sono dovuti gli interessi maturati anche nel periodo di sospensione e normalmente, la richiesta avviene solo tramite cartella di pagamento, senza alcuna preventiva notifica.
Secondo quanto affermato dalla Cassazione, quindi, tale provvedimento, deve contenere a pena di nullità anche l’indicazione del tasso applicato poiché solo così è possibile il riscontro della correttezza. Laura Ambrosi

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