CASSAZIONE: La Cassazione boccia il contributo di solidarietà (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Commercialisti. Non cambia la linea della Corte
La Cassazione boccia il contributo di solidarietà

La Corte di cassazione boccia, ancora una volta, il contributo di solidarietà della Cassa di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti. È di ieri la sentenza 12338 della Corte, sezione lavoro, che conferma le precedenti pronunce.
Con un’indicazione nuova per i commercialisti che riguarda l’interpretazione che viene data al comma 488 della legge di stabilità per il 2014, legge 147/2013. Secondo i giudici di legittimità questa norma «non incide sulla soluzione della questione in esame» perché « pone come condizione di legittimità degli atti e delle deliberazioni adottati dagli enti» (di previdenza dei professionisti, ndr)… «”che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine”, ciò che sicuramente non costituisce un connotato del contributo in esame, proprio perché straordinario e limitato nel tempo».
Sulla questione del contributo di solidarietà vale la pena fare un excursus. Nel 2004 la Cassa di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti per garantire la stabilità dell’ente decise di passare da un sistema di calcolo retributivo delle pensioni – che parametrava l’assegno al reddito percepito – a un calcolo contributivo, che invece calcola la pensione sulla base di quanto effettivamente versato. Un passaggio epocale che ha portato a un tasso di sostituzione, e cioè il rapporto tra la pensione e l’ultimo reddito/stipendio percepito, dal 70 al 40%; il contributo di solidarietà venne introdotto per non far gravare tutto il costo della riforma sulle nuove generazioni. Una buona intenzione che però si è scontrata con le leggi. E infatti alcuni pensionati della Cnpadc – meno del 10% – fecero ricorso contro questo prelievo. Finora i pensionati arrivati in Cassazione hanno vinto. Di contro la Cassa negli ultimi anni ha tenuto sempre la linea e ha riproposto anche nel 2014 – 2019 il contributo solidaristico (per legge è possibile prevedere il contributo di solidarietà, per non più di tre quinquenni).
Il principio cardine che la Cassazione ripropone dal 2005 a oggi è che «una volta maturato il diritto alla pensione di anzianità, l’ente previdenziale debitore non può con atto unilaterale, regolamentare o negoziale, ridurne l’importo, tantomeno adducendo generiche ragioni finanziarie, poiché ciò lederebbe l’affidamento del pensionato, tutelato dal capoverso dell’articolo 3 della Costituzione, nella consistenza economica del proprio diritto soggettivo». Anche la difesa di Cassa dottori chiama in causa la Costituzione, all’articolo 38, comma 2 (diritto alla pensione) e all’articolo 2 quando si parla di «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», una tesi che però non ha convinto la Cassazione, che porta avanti da tempo la difesa dei diritti acquisiti. Federica Micardi

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