IL SOLE 24 ORE
Cassazione. Contro sentenza appello
La donazione fraudolenta deve essere provata
Il giudice di appello, che intende confermare la condanna per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte nei confronti del contribuente che ha donato un immobile dopo aver ricevuto alcuni mesi prima un accertamento, deve motivare la simulazione della donazione e l’idoneità della stessa a rendere inefficacie l’attività di riscossione. Ad affermarlo è la Corte di cassazione, sezione III penale, con la sentenza 30497 depositata ieri. Un contribuente veniva condannato dal Tribunale ad un anno di reclusione, per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (in base all’articolo 11 del Dlgs 74/2000). Più precisamente aveva donato un importante compendio immobiliare dopo sei mesi dalla notifica di alcuni atti impositivi. La sentenza confermata dalla Corte di appello veniva impugnata per Cassazione lamentando, in buona sostanza, un vizio di motivazione. Nella pronuncia, il giudice territoriale aveva ravvisato la fraudolenza della donazione, solo nella considerazione che il compendio immobiliare fosse di “notevolissimo” valore.
La Suprema corte ha ritenuto fondata la doglianza. Innanzitutto i giudici di legittimità hanno precisato che sebbene la Corte territoriale possa motivare la propria decisione richiamando la precedente sentenza, essa ha comunque l’onere di qualificare gli elementi cui intende aderire e condividere. La motivazione non è pertanto assolta con un mero richiamo alla sentenza impugnata, poiché è necessaria la prova di aver adeguatamente esaminato le censure mosse dal ricorrente.
La sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte comporta l’alienazione simulata ovvero il compimento di altri atti fraudolenti al fine di rendere inefficace la riscossione coattiva dell’Erario. Per la configurabilità del reato è così necessario il compimento di atti idonei a impedire il soddisfacimento totale o parziale del credito tributario e ciò anche se la procedura di riscossione non sia stata avviata. Sotto il profilo psicologico, quindi, deve sussistere il dolo specifico di volersi sottrarre al pagamento delle imposte e sotto il profilo materiale, la condotta deve essere tale da privare di ogni garanzia generica il contribuente. Nella specie, la motivazione non dava conto degli elementi difensivi sollevati nell’appello. In particolare, il contribuente aveva rilevato che la donazione del predetto compendio era stata necessaria per la tutela di una persona cara e comunque aveva riguardato solo la nuda proprietà, poiché si era riservato l’usufrutto. In ogni caso, poi, il donante aveva la proprietà di altri immobili.
La Corte ha quindi ribadito il principio secondo cui in appello la sentenza, pur richiamando la decisione di primo grado, deve argomentare sull’inconsistenza o la non pertinenza dei motivi difensivi addotti dal ricorrente. Laura Ambrosi