IL SOLE 24 ORE
Fallimenti. Professionista assolto quando mette in evidenza i profili di rischio del concordato preventivo
La relazione salva il commissario
Non possono essere contestate omessa denuncia e favoreggiamento
Milano. Non può essere sanzionato per omessa denuncia il professionista che, in veste di commissario giudiziale, non ha valutato in pieno le conseguenze penali di un contratto di cessione di ramo d’azienda. Basta invece che, nella sua relazione, ne abbia segnalato la problematicità. Tanto più che la natura “distrattiva” dell’accordo è emersa solo dopo il deposito della relazione e tenuto conto che il Pm, comunque, parte del procedimento di concordato, poteva intervenire in ogni momento. Lo puntualizza la Corte di cassazione con la sentenza n. 11921 della Quinta sezione penale depositata ieri, con la quale è stato respinto il ricorso presentato dalla pubblica accusa contro la decisione del Gup che aveva assolto il commissario giudiziale con la formula «perchè il fatto non costituisce reato» dai delitti di omessa denuncia e di favoreggiamento. Per il Pm, la contestata cessione del ramo d’azienda si caratterizzava per rilevanza penale sin dal momento del deposito del decreto di ammissione al concordato o con la stessa nomina di commissario giudiziale del professionista. In questo modo si sarebbe già perfezionato il reato di bancarotta patrimoniale.
La Cassazione, nell’affrontare la questione, sottolinea in primo luogo che, in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, nel caso in cui all’ammissione della procedura di concordato preventivo, segue la dichiarazione di fallimento, vista la disuguaglianza tra le due procedure, non si può ritenere che si verifichi un assorbimento della seconda nella prima. Inoltre, è vero che le condotte distrattive realizzate prima dell’ammissione al concordato preventivo rientrano nella norme della legge fallimentare, articolo 236, tuttavia il Gup aveva messo in evidenza come la natura penale del contratto di business partnership stipulato era emersa solo successivamente alla relazione redatta dal professionista, cioè in sede di esecuzione dell’accordo di collaborazione commerciale e gestionale tra le due società interessate.
In ogni modo, nella relazione stessa trovavano ampi spazi le complessità dei rapporti giuridici posti in essere per effetto del contratto, e ne erano stati ricordati i rischi, nella consapevolezza però scriveva il professionista, che l’unico punto fermo è che l’eventuale dichiarazione di fallimento comporterebbe una netta svalutazione degli asset aziendale. Una condotta irreprensibile sul piano penale, tanto che, avverte la Cassazione, «non si sarebbe potuto pretendere altro dal commissario giudiziale, nè tanto meno una prognosi di rilevanza penale dello stesso contratto».
La legge fallimentare poi obbliga il commissario giudiziale solo a predisporre l’inventario del patrimonio del debitore e una relazione dettagliata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori.
La relazione poi, oltre a essere depositata in cancelleria tre giorni prima dell’adunanza dei creditori, viene trasmessa al pubblico ministero che ha piena facoltà di mettere in discussione la domanda di concordato preventivo. Giovanni Negri