IL SOLE 24 ORE
Avvocati. Patrocinio
L’incarico nel fallimento è a parcella vincolata
La liquidazione all’avvocato che assiste la società fallita ammessa al patrocinio a carico dello Stato non può superare la metà dei valori medi delle tariffe professionali. La Cassazione, con la sentenza 10876, respinge il ricorso del legale di una srl sottoposta a procedura concorsuale. L’avvocato aveva ottenuto una liquidazione di circa 6 mila euro a fronte di una causa del valore di 44 milioni di euro. Secondo il professionista, il giudice non aveva tenuto conto di una serie di elementi.
L’attività era stata svolta su specifica richiesta degli organi del fallimento, anche dopo che aveva chiarito per iscritto che la domanda della società sarebbe stata inammissibile e consigliato la presentazione dell’istanza di ammissione al passivo. Inoltre gli organi societari erano consapevoli del valore della controversia determinato da un consulente tecnico sull’ammontare del danno risarcibile e dunque sugli onorari dovuti. La Cassazione però, pur precisando che la società non contestava né la diligenza dell’avvocato né la perizia sul valore della causa, esclude che la domanda del legale sia fondata.
La Suprema corte ricorda che in tema di patrocinio a spese dello Stato il criterio della controversia determinato sul Codice di procedura civile ha una valore di massima dal quale il giudice può discostarsi scendendo al di sotto del parametro ogni volta che il “taglio” sia giustificato dalla natura dell’impegno professionale, «in relazione all’incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale del soggetto difeso». Una disposizione che consente di assicurare la difesa tecnica al non abbiente e di retribuire l’avvocato considerando l’incidenza del costo sulla collettività. Patrizia Maciocchi