IL SOLE 24 ORE
Contratti. Niente compenso per la prestazione se l’architetto non è in grado di dimostrare il conferimento del lavoro anche se la commissione è stata eseguita
L’incarico professionale va provato
Lun.4 – Il professionista che chiede il pagamento dei compensi per la propria prestazione deve provare che gli è stato conferito l’incarico. Lo ribadisce la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto (presidente Alessandrino, relatore Cosenza), in una sentenza dello scorso 1° febbraio.
Con decreto del 2001 il giudice aveva ingiunto a una Srl di pagare 74 milioni di lire a un architetto; la somma era stata richiesta quale compenso per l’opera che il professionista affermava di aver svolto su commissione della società. Il Tribunale aveva poi revocato il provvedimento monitorio, accogliendo l’opposizione che la Srl aveva presentato in base all’articolo 645 del Codice di procedura civile. Contro la sentenza di primo grado il professionista ha quindi proposto appello, contestando la valutazione delle prove effettuata dal Tribunale.
Nel respingere l’impugnazione, la Corte osserva, innanzitutto, che «manca la prova scritta della commissione» e non risultano anticipazioni di «spese e/o acconti sul compenso ex articolo 2234 del Codice civile». Tant’è che l’ordine professionale, nel rilasciare il proprio parere di congruità sui compensi richiesti, aveva tenuto conto solo della relazione presentata dall’architetto, precisando che non era stata esibita alcuna lettera d’incarico. Ciò impone – prosegue il giudice d’appello – di «valutare rigorosamente la prova orale espletata» in primo grado.
Secondo la Corte, le testimonianze assunte dal Tribunale dimostrano che l’architetto aveva senz’altro svolto le «attività di cui invoca il compenso»; tuttavia, tali prove non consentono di ritenere che la Srl «sia stata la committente dell’opera» di cui il professionista ha chiesto il pagamento. La Corte conferma quindi la sentenza del Tribunale e condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado, che liquida in tremila euro.
La decisione è conforme alla giurisprudenza della Corte suprema. Secondo il giudice di legittimità, il professionista che chiede il pagamento della propria prestazione d’opera deve dimostrare – si legge nella sentenza 1244 del 2000 – «l’avvenuto conferimento del relativo incarico, in qualsiasi forma idonea a manifestare, chiaramente e inequivocamente, la volontà di avvalersi della sua attività e della sua opera» da parte del cliente. Infatti, l’obbligo di eseguire una prestazione d’opera professionale intellettuale scaturisce da un contratto (articolo 2230 del Codice civile), che presuppone uno scambio di consensi tra committente e professionista. Il che – conclude la Cassazione – «costituisce, prima ancora che un principio regolatore dei contratti di prestazione d’opera intellettuale, un principio regolatore dell’intera materia contrattuale».