IL SOLE 24 ORE
Incidenti. Il giudice d’appello non può «indennizzare» il danno non patrimoniale con i criteri in vigore nel primo grado se dopo sono cambiati
Liquidazione con le tabelle più favorevoli
Roma. Il giudice di appello non può liquidare il danno non patrimoniale basandosi su tabelle in vigore nel procedimento di primo grado se dopo i criteri sono cambiati in favore del danneggiato. La Cassazione, (sentenza 25485) accoglie il ricorso dei genitori di un ragazzo morto in un incidente stradale. Accertata la dinamica del sinistro era stata ripartita la quota di responsabilità nel sinistro: 30% alla vittima e 70% all’investitore che circolava senza assicurazione. Suddivise le “colpe” il tribunale aveva quantificato il danno non patrimoniale basandosi sulle tabelle milanesi in vigore nel 2005. Il criterio era stato recepito dai giudici di secondo grado, anche se corso dell’appello il tribunale meneghino aveva adottato le tabelle del 2009, con le quali aveva rielaborato i principi in base ai quali liquidare il danno da perdita della relazione parentale. Un’operazione fatta sulla scia delle sentenze delle sezioni unite nel 2008 (n.26972 e 26975) che erano intervenute sul danno non patrimoniale, per garantire un integrale ed effettivo ristoro. I ricorrenti avevano sottolineato la diversità tra i valori del 2005 e quelli del 2009: nelle prime non veniva considerato il danno da perdita del rapporto parentale, che rientrava nel danno morale, mentre nelle seconde il “pregiudizio” era valutato autonomamente. Differenza che si traduceva in un diverso range quantitativo tra il valore minimo e massimo di liquidazione. La Cassazione evidenzia l’errore commesso dalla Corte territoriale, che non era nell’individuazione giuridica della voce di danno risarcibile, ma nell’errato parametro scelto per valutarlo. I giudici della terza sezione civile precisano che in caso di variazione delle tabelle non va applicato il principio del tempus regit actum, come ha fatto la Corte di merito.
Il danneggiato che non ha visto correttamente soddisfatta la sua domanda risarcitoria è dunque considerato soccombente e va riconosciuto il suo interesse all’impugnazione.
La liquidazione equitativa del danno di natura non patrimoniale è, infatti, finalizzata, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, al ristoro integrale del danno nel quale non sono contemplati trattamenti differenti per situazioni uguali. La Cassazione accoglie anche il secondo motivo del ricorso con il quale si lamentava il mancato riconoscimento del danno morale soggettivo, per la sofferenza psichica patita dai genitori che aveva avuto come conseguenza dei postumi invalidanti: il no era dovuto al fatto che le tabelle del 2005 non prevedevano, a differenza dei criteri del 2009, la “personalizzazione” di quel danno. Patrizia Maciocchi