ITALIA OGGI
CASSAZIONE/ L’accordo di non concorrenza forma elusione fiscale
L’Iva va oltre lo schermo
Non sfugge patto con società lussemburghese
È soggetto a Iva perché costituisce un’elusione fiscale il patto di non concorrenza stipulato con una società lussemburghese schermo di impresa italiana. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 5155 del 16 marzo 2016, ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle entrate contro la sentenza con la quale la Ctr di Roma aveva annullato la ripresa a tassazione sul patto di non concorrenza stipulato dalla Parmalat con una società lussemburghese della Cirio. Con una complessa motivazione, i Supremi giudici ribadiscono in primo luogo che, pur non essendo la riforma sull’abuso del diritto retroattiva, la volontà del legislatore fornisce una chiara lettura interpretativa. E dunque, l’elusione fiscale può essere esclusa solo ove l’operazione che ha come conseguenza il risparmio del tributo favorisca un risanamento o una riorganizzazione aziendale. Ma non è tutto. Con questa interessante sentenza Piazza Cavour precisa inoltre che sul piano delle ricadute fiscali il patto di non concorrenza costituisce una tipica obbligazione di non fare, disciplinata dall’art. 2596 cod. civ., e il cui corrispettivo è soggetto a imposizione sul valore aggiunto quale prestazione di servizi imponibile ai sensi dell’art. 3, comma 1, del decreto Iva. Nel caso specifico la ricostruzione fatta dall’ufficio sull’interposizione di una società schermo, con sede in un paradiso fiscale, ha fatto legittimamente scattare la contestazione dell’abuso del diritto. Debora Alberici* *cassazione.net