IL SOLE 24 ORE
Macchina del fango? La pena è detentiva
Giustificata la pena detentiva nei confronti del giornalista che usa la “macchina del fango” nei confronti di magistrati e avvocati di un ufficio in prima linea nella lotta alla mafia. La Corte di cassazione, con la sentenza 11417, conferma la condanna al carcere per diffamazione a carico del direttore di un giornale locale che, pur partendo da notizie vere, utilizzava i fatti per lasciarsi andare a vere e proprie invettive personali. Per la Cassazione è escluso che quanto scritto negli articoli, finiti nel mirino dei giudici, potesse rientrare nel diritto di cronaca, dal momento che il ricorrente, giornalista-pubblicista, aveva fatto «generiche insinuazioni esorbitanti dalla base fattuale divenuta mero pretesto per la consumazione di condotte intrinsecamente offensive». Correttamente la corte di merito aveva dunque escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento anche dell’esimente del diritto di critica a prescindere dall’interesse pubblico a conoscere i giudizi espressi risolvendosi, questi in un vero e proprio attacco all’uomo.
Senza successo il ricorrente denuncia l’illegittimità della pena detentiva, perché a suo avviso, non ricorrevano le circostanze eccezionali idonee a giustificarla, come richiesto dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo nel caso Belpietro contro Italia.
Per la Cassazione invece gli estremi sono nella gravità dei fatti. La Suprema corte valorizza poi un dato non trascurabile: il periodico diretto dall’imputato, coinvolto nella vicenda giudiziaria, era considerato uno strumento delle cosche mafiose. P.Mac.