IL SOLE 24 ORE
Diritto di famiglia. La crisi del mercato non è motivo per restare eternamente in attesa di un’occupazione in linea con le aspettative
Niente assegno a figli già specializzati
Roma. Stop al mantenimento dei figli che dopo i trent’anni aspettano il lavoro ideale, rifiutando quello non in linea con le loro aspettative, o proseguono gli studi a oltranza. La Cassazione (sentenza 12952/16), accoglie il ricorso di un padre stanco di aprire i cordoni della borsa per mantenere due figli ultratrentenni. La figlia, classe 1980, malgrado avesse in tasca una laurea in medicina e una specializzazione in odontoiatria, aveva deciso di privilegiare lo studio iscrivendosi ad un’altra specializzazione riducendo l’attività lavorativa presso alcuni studi. Il figlio, nato nel 1982, non aveva avuto le idee molto chiare su cosa fare da “grande”. Il ragazzo si era iscritto prima al corso di laurea in economia e commercio, ripiegando poi sulla fisioterapia e, infine, su un corso professionale in osteopatia, senza conseguire però nessun titolo. Un quadro al quale madre e padre, divorziati, avevano reagito in maniera opposta. La mamma aveva chiesto all’ex marito di raddoppiare l’assegno mensile in favore dei figli, mentre quest’ultimo chiedeva di revocarlo. La Corte d’Appello aveva respinto entrambe le domande: il padre non doveva far lievitare il mantenimento ma neppure sospenderlo, perché non aveva provato la raggiunta indipendenza economica dei figli.
L’uomo ricorre, con successo, in Cassazione.
È vero che il genitore che chiede di sospendere l’assegno ha l’onere di provare che il figlio può farne a meno perché in grado di camminare con le sue gambe. Ma è altrettanto vero che la valutazione del giudice, degli elementi di fatto, si fa più severa quando cresce l’età dei beneficiari. Il tutto per evitare una forma di parassitismo degli ex giovani a danno di genitori ormai vecchi.
Quando i figli sono grandi è meno stringente anche l’onere della prova che incombe sul genitore: spesso sono eloquenti i fatti.
Ad una certa età il percorso di studi dovrebbe essere ampiamente concluso e la persona inserita da tempo nella società. Se questo non avviene e il figlio continua ad essere dipendente dai genitori è lecito presumere, a meno che non sia malato o esistano condizioni oggettive che gli impediscono di trovare un’occupazione, che sia più semplicemente inerte. Per quanto riguarda il caso concreto, la Cassazione considera lodevole la scelta della figlia del ricorrente di proseguire gli studi oltre «l’ordinaria esigenza di specializzazione», però spiega che il meritorio intento deve essere accompagnato da un corrispondente impegno verso la ricerca di un’occupazione diretta a raggiungere un’indipendenza economica. Lo stesso vale per il figlio la cui emancipazione dalla famiglia è stata bloccata da un’eterna indecisione sulla strada da intraprendere. Nè può essere una giustificazione il semplice riferimento alla difficoltà di trovare un lavoro al sud. La Cassazione ricorda che l’obbligo di mantenimento non può essere correlato al reperimento di un’occupazione su “misura”, tarata sul percorso di studi e sulle competenze professionali. La crisi del mercato del lavoro è una giustificazione relativa e non può diventare il pretesto per stare con le mani in mano in attesa del lavoro ideale. Patrizia Maciocchi