ITALIA OGGI SETTE
Cessione del credito
Nullo il contratto tra legali che raggira la legge
Lun.4 – Il contratto di cessione di credito tra avvocati sarà nullo nel caso in cui rappresenti un artifizio per raggirare la legge e consentire ad uno dei due, che ha ricevuto un provvedimento disciplinare inibitorio, di esercitare di fatto la professione e incassare i crediti come onorario.
È quanto stabilito dai giudici della seconda sezione civile della Corte di cassazione con la sentenza n. 10282 dello scorso 18 maggio.
I giudici di piazza Cavour sono stati chiamati ad esprimersi sulla seguente vicenda: Tizio, avvocato, citava in giudizio la società Beta affinché gli rendesse i compensi per una determinata attività professionale.
E, inoltre, Tizio asseriva di vantare anche la somma spettante ad un altro collega avvocato che per un determinato periodo di tempo aveva sostituito l’attore al quale aveva ceduto il credito maturato.
Ma la società Beta replicava che all’epoca dei fatti l’attore era stato sospeso dall’esercizio della professione per ragioni disciplinari e chiedeva che l’incarico professionale fosse dichiarato nullo in via d’eccezione.
Gli Ermellini hanno, altresì, osservato che l’accertamento della nullità anche degli incarichi professionali formalmente conferiti all’avvocato, in quanto sostanzialmente elusivi dei divieti imperativi, che non consentono l’esercizio dell’attività professionale a soggetto, anche temporaneamente privo dei requisiti prescritti per legge, è avvenuto in via incidentale ma al precipuo scopo di poter decidere sulla domanda di ripetizione che vedeva come unico destinatario l’avvocato Tizi, senza quindi un coinvolgimento, quanto alle richieste restitutorie anche dell’altro professionista, che avrebbe concorso a realizzare la sostanziale elusione dei divieti di legge.
Inoltre, i giudici della Suprema corte hanno richiamato anche un precedente giurisprudenziale (si vedano ex multis Cass. n. 26022/2011) secondo cui «allorquando la prova addotta sia costituita da presunzioni – le quali anche da sole possono formare il convincimento del giudice del merito – rientra nei compiti di quest’ultimo il giudizio circa l’idoneità degli elementi presuntivi a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit, essendo il relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimità se sorretto da motivazione immune dal vizi logici o giuridici e, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti a una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato, al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi e di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale». Angelo Costa