IL SOLE 24 ORE
Diritto penale. La riforma, che esclude la necessità della certificazione, non vale per i giudizi in corso
Omesse ritenute non retroattive
La condanna non può essere fondata sui contenuti del solo modello 770
Milano. Nessuna applicazione retroattiva del nuovo reato di omesso versamento di ritenute. Lo puntualizza la Corte di cassazione con la sentenza n. 7884 della Terza sezione penale, che ricorda come la riforma dei reati tributari da pochi mesi in vigore per effetto del decreto legislativo n. 158 del 2015 ha esteso la portata della norma (prevista dall’articolo 10-bis del decreto legislativo n. 74 del 2000), oltre che alle ritenute certificate alle «ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione», riformulando contestualmente la rubrica (ora: «omesso versamento di ritenute dovute o certificate»).
La prova della ritenuta (di cui l’accusa contesta il mancato versamento) potrebbe quindi ora prescindere dalle certificazioni rilasciate al sostituito, potendo in ipotesi bastare che essa risulti dalla dichiarazione. Inoltre, la soglia di punibilità viene triplicata, passando da cinquantamila a 150.000 euro, per ciascun periodo d’imposta.
La Corte si trova ad affrontare la condanna ricevuta sia in primo grado sia in appello, con una lieve riduzione della sanzione (da 8 a 5 mesi di carcere) dopo il secondo grado, da un imprenditore per non aver versato le ritenute per il periodo d’imposta 2008, per un importo complessivo di oltre 300mila euro. La Cassazione, in via preliminare, riconosce l’esistenza di una successione di leggi penali nel tempo e sottolinea come la modifica innestata dalla riforma nell’articolo 10-bis ha come conseguenza quella di non richiedere più la copia della certificazione. Misurando l’impatto per i processi in corso, la Cassazione avverte che si tratta di una norma più sfavorevole per l’imputato, escludendo quindi, sulla base della consueta regola tempus regit actum, che la novità possa avere un’applicazione retroattiva.
La Cassazione, sgomberato il campo dalla possibilità di applicare la riforma, annulla la condanna ricevuta dall’imprenditore. Così, se da una parte resta per il caso preso in esame la necessità della prova attraverso la certificazione, dall’altra non si può pensare che questa prova possa essere fornita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 che arriva dal datore di lavoro.
Va infatti sottolineato, nella lettura della Corte, che da nessuna casella o dichiarazione contenuta nei modelli 770 emerge che il sostituto attesta, anche solo in maniera implicita, di avere rilasciato ai sostituiti le relative certificazioni. L’orientamento cui aderisce la sentenza della Cassazione valorizza poi le differenze tra i due atti, dichiarazione modello 770 e certificazione rilasciata ai sostituiti: «si tratta, infatti, di documenti disciplinati da fonti distinte, rispondenti a finalità non coincidenti e che non devono essere consegnati o presentati contestualmente».
Tanto più, poi, che, mentre le certificazioni devono essere emesse solo quando il datore ha provveduto a versare le ritenute, la dichiarazione va invece presentata obbligatoriamente entro il termine stabilito per legge (in caso contrario scattano le sanzioni amministrative). Giovanni Negri