IL SOLE 24 ORE
Cassazione. Il giudice non può negare la sostituzione della detenzione supponendo un’incapacità patrimoniale
Omesso versamento con pena pecuniaria
Roma. Il giudice non può negare la sostituzione della pena detentiva breve con quella pecuniaria, al legale rappresentante di una società condannato per omesso versamento delle ritenute, considerandolo non “solvente” proprio in virtù del reato commesso.
Nell’esercitare il suo potere discrezionale, infatti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale relativi alle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato: senza alcun cenno alle sue condizioni economiche.
La Corte di cassazione, con la sentenza 17103 depositata ieri, accoglie il ricorso del legale rappresentate di una ditta, che era stato condannato ad un mese di reclusione più 80 euro di multa, per non aver pagato le ritenute assistenziali e previdenziali. L’omesso versamento, per un totale di quasi 15 mila euro, lo tagliava fuori dalla depenalizzazione (Dlgs 8/2016, articolo 3 comma 6) che fissa la soglia in 10 mila euro.
Non potendo usufruire della nuova norma, che prevede ancora la reclusione fino a tre anni e la multa fino a 1.032 euro per le ipotesi non depenalizzate, il ricorrente puntava alla trasformazione della pena detentiva breve in quella corrispondente pecuniaria. Un’opportunità negata dalla Corte d’Appello sulla base di una considerazione ritenuta prevalente su tutto: mancava la prova della solvibilità del condannato.
Per i giudici di merito l’omesso versamento delle ritenute sulle retribuzioni dei lavoratori era sintomatica di un’incapacità patrimoniale.
Per la Cassazione però si tratta di una premessa sbagliata.
La Suprema corte ricorda che la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice che deve essere guidato da quanto indicato nell’articolo 133 del codice penale, prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto e la personalità del reo.
La conversione è comunque consentita anche quando la condanna viene inflitta ad una persona in condizioni economiche disagiate. La prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione (articolo 58 secondo comma della legge 1981/689) si riferisce, infatti, soltanto alle «pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata».
Per la Cassazione il “cambio” di pena va dunque garantito anche a chi è economicamente in difficoltà, purché il giudice ritenga che sia in qualche modo in condizioni di adempiere, facendo salva ovviamente l’ipotesi di conversione nel caso sia accertata in seguito l’impossibilità di far fronte al pagamento che può essere anche rateizzato, come previsto dall’articolo 660 del codice di rito.
Nel caso esaminato, come sottolineato dalla stessa difesa, la sanzione pecuniaria poteva essere stabilita nella misura di 38 euro al giorno, il totale sarebbe stato di 1.140 euro. Un pagamento del quale era difficile affermare l’insostenibilità. Patrizia Maciocchi