ITALIA OGGI
Sentenza della Cassazione. Il giudice può prevedere sconti di pena
Paletti al ne bis in idem
Accusa di bancarotta dopo l’appropriazione
La condanna definitiva per appropriazione indebita non rende improcedibile l’accusa di bancarotta per distrazione, non sussistendo, in questo caso, alcun ne bis in idem. Al più il giudice dell’esecuzione dovrà prevedere uno sconto di pena relativo al reato meno grave.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 13399 del 4 aprile 2016, ha reso definitiva la condanna per bancarotta pronunciata a carico di un imprenditore già condannato in via definitiva per appropriazione indebita del denaro oggetto della distrazione.
La quinta sezione penale ha confermato l’intero impianto accusatorio spiegando che la bancarotta fraudolenta per distrazione in ambito societario (artt. 216, comma 1, e 223, comma primo, del rd 16 marzo 1942, n. 267) è figura di reato complessa, che comprende tra i propri elementi costitutivi una condotta di appropriazione indebita del bene distratto, per se stessa punibile ai sensi dell’art. 646 cod. pen.
Da ciò deriva che, per il caso di identità del bene appropriato e distratto, l’agente non risponde, a differenza di quanto ritenuto dalla corte territoriale, di entrambi i reati, ma solo di quello complesso, come stabilito dall’art. 84 comma primo cod. pen.
Qualora il delitto di appropriazione indebita sia stato oggetto di sentenza di condanna prima della dichiarazione di fallimento, non è preclusa nel successivo procedimento per bancarotta la contestazione del reato fallimentare, ma in tal caso il giudice deve, in sede di eventuale condanna per tale ultimo reato, considerare assorbito quello sanzionato ai sensi dell’art. 646 cod. pen., secondo un principio di equità che trova espressione anche nello scioglimento del giudicato sulle pene in caso di riconoscimento della continuazione in fase esecutiva.
In altre parole, concludono gli Ermellini, la pronuncia definitiva per il reato meno grave non rende improcedibile la bancarotta fraudolenta, né dà da luogo a bis in idem, determinando invece l’assorbimento in questa – reato complesso ex art. 84 cod. pen. – dell’appropriazione indebita relativa agli stessi beni.
Dello stesso avviso la Procura generale del Palazzaccio che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso. Debora Alberici*