IL SOLE 24 ORE
Contenzioso. Doppio rinvio da parte della sezione tributaria della Cassazione
Parola alle Sezioni unite sul ricorso per posta
Saranno le Sezioni Unite della Cassazione a decidere se per l’ammissibilità del ricorso o dell’appello spedito per posta sia sufficiente il deposito dell’avviso di ricevimento ovvero necessario, come prescritto dalla norma, la ricevuta di spedizione. La decisione al primo presidente è stata rimessa con le ordinanze n. 18000 e 18001 di ieri della Corte.
La vicenda, comune ad entrambi i procedimenti, trae origine da un appello dell’Agenzia proposto tramite spedizione di plico raccomandato. Il contribuente chiedeva alla Ctr l’inammissibilità dell’impugnazione in assenza di deposito la ricevuta di spedizione dell’atto.
In materia infatti (articolo 53 del Dlgs 546/92) si osservano le regole previste per il ricorso introduttivo: il ricorrente, in caso di proposizione dell’impugnazione attraverso il servizio postale deve depositare, a pena di inammissibilità, entro 30 giorni dalla proposizione del ricorso, la fotocopia della ricevuta della spedizione della raccomandata con la quale è stato notificato lìatto. Nella specie, l’Agenzia aveva depositato la ricevuta di ritorno ed affermava che la stessa, poiché riportava anche la data di spedizione, era equipollente alla ricevuta mancante. La Ctr, invece, dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione.
L’ufficio ricorreva in Cassazione lamentando, in estrema sintesi, un’errata interpretazione della norma. I giudici di legittimità hanno innanzitutto richiamato una precedente decisione (nr. 20787/2013) secondo la quale gli obblighi derivanti dall’articolo 22, assolvono ad una duplice funzione: osservanza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso o dell’appello, onde evitare il passaggio in giudicato della sentenza impugnata; tempestiva costituzione in giudizio del ricorrente/appellante, mediante deposito di copia dell’atto alla segreteria della commissione entro 30 giorni dalla spedizione alla parte.
Su quest’ultimo punto, peraltro, nell’ordinanza è precisato che esistono due differenti interpretazioni sul computo dei predetti 30 giorni: un orientamento afferma che il termine decorra dalla data di spedizione (nr. 8664/2011 e 20787/2013) e l’altro dalla data di ricezione del plico postale (nr. 18373/2012, 12027/2014).
La Cassazione rileva così la necessità che su tale aspetto intervengano le Sezioni Unite poiché rappresenta il dato cui ancorare il controllo sulla tempestività. Con riguardo poi alla inammissibilità per il mancato deposito nei 30 giorni della ricevuta di spedizione, le ordinanze danno atto di un orientamento contrastante, secondo cui il deposito della ricevuta di spedizione è surrogabile con la ricevuta di ritorno. Fermo restando che in ogni caso, la ricevuta di ritorno va depositata entro 30 giorni dalla notifica, i giudici di legittimità rilevano che la “data di spedizione” in essa contenuta è compilata a cura del mittente, con la conseguenza che non si tratta di un fatto attestato dall’agente postale per il quale può valere la fede privilegiata.
Viene anche evidenziata la gravità della inammissibilità a fronte di un simile inadempimento.
Al riguardo giova ricordare che, in passato la Cassazione a fronte di un omesso deposito della copia dell’appello in Ctp (adempimento ora abrogato) ha sempre ritenuto inammissibile l’impugnazione. Sotto questo profilo non dovrebbe quindi ritenersi esagerata l’inammissibilità per assenza della ricevuta di spedizione prevista per legge certamente ben più grave dell’altro adempimento ora abrogato. Stante l’interesse generale ad un’univoca soluzione interpretativa è stato interessato il primo Presidente per la rimessione della questione alle Sezioni Unite. Laura Ambrosi