IL SOLE 24 ORE
Appalti. I funzionari delle imprese privatizzate imputabili per corruzione: applicabili anche le sanzioni 231
Prescrizione più lunga per l’ente
All’impresa corruttrice si applicano le interruzioni del Codice civile
Milano. I funzionari di società per azioni privatizzate sono a tutti gli effetti «incaricati di pubblico servizio» e come tali idonei a commettere il reato di corruzione. Inoltre, in questo contesto, la responsabilità amministrativa degli enti ha un regime prescrizionale differenziato che è compatibile il dettato della Costituzione.
Con una chilometrica motivazione, la Sesta sezione penale della Cassazione (sentenza 28288/16, depositata ieri) ribadisce i criteri di imputazione della 231/2001 quando il player appaltante è una privatizzata, chiarendo inoltre la piena legittimità della prescrizione a doppio binario, quella tra le persone fisiche indagate per il reato presupposto e quella che invece, sul piano amministrativo, opera nei confronti dell’ente/impresa.
I fatti riportati d’attualità dalla Cassazione riguardano l’inchiesta milanese della fine del decennio scorso relativa a una serie di appalti per forniture ad Enipower (parte civile nel processo, insieme ad Eni e Snamprogetti) di impianti turbogas, di impianti di riduzione di gas, per la realizzazione inoltre di un impianto termoelettrico, oltrechè di lavori e appalti strumentali, opere a margine delle quali la Procura aveva confiscato per equivalente oltre 100 milioni di euro sui conti di Ansaldo Energia e di altre sei imprese corruttrici.
Undici dei ricorsi presentati contro la decisione della Corte d’appello di Milano riguardavano la riconosciuta sussistenza, in capo a un funzionario di Enipower e a un omologo di Snamprogetti – imputati entrambi di corruzione – della qualifica soggettiva di rilievo pubblicistico, preupposto dell’intera impalcatura dell’accusa. Secondo la Sesta, in aderenza ai colleghi di merito, vale il brocardo secondo cui le qualifiche soggettive si acquistano «non per ciò che si è, ma per ciò che si fa». E se va comunque escluso lo status di pubblici ufficiali per i due funzionari – in quanto non avevano i caratteristici poteri deliberativi, autoritativi o certificativi- il ruolo da loro giocato in un settore peculiare, quale è la disciplina degli appalti nei cosiddetti “settori speciali”, ne fa fuor di dubbio degli incaricati di pubblico servizio, come del resto conferma il contesto giuridico della procedura di gara. Proprio sulla gara era maturata la condotta corruttiva dei due funzionari delle privatizzate, che avevano venduto ad aziende partecipanti le informazioni tecniche necessarie a vincere i bandi, di valore prossimo al miliardo di euro.
Ansaldo Energia aveva poi impugnato la norma della 231/2001 che prevede il congelamento della prescrizione “amministrativa” fino al momento del passaggio in giudicato della sentenza penale. «Irragionevole differenziazione rispetto agli imputati persone fisiche», sostiene il ricorso, ma la Sesta richiama anche i lavori preparatori del Dlgs 231 (legge delega 300/2000) che indicavano nel codice civile le norme interruttive del decorso del tempo. La scelta del legislatore, incensurabile secondo la Suprema corte, «vuole evitare che, in presenza dell’interesse dell’autorità procedente a far valere la potestà punitiva dello Stato, manifestata attraverso l’esercizio dell’azione penale, si corra il rischio di dover dichiarare l’estinzione dell’illecito per il sopraggiungere della prescrizione».
E quanto al rapporto tra la prescrizione penale e quella della 231, la Corte ricorda che se la prima matura senza che sia stato contestato l’illecito amministrativo, decade la potestà sanzionatoria a carico dell’ente.
Alessandro Galimberti