CASSAZIONE: Prestanome senza responsabilità presunta (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE
Cassazione/2. La «testa di legno» non può essere punita per mancata tenuta delle scritture contabili se non c’è prova del dolo specifico
Prestanome senza responsabilità presunta

Roma. Il giudice non può punire l’amministratore di una società per la mancata tenuta delle scritture contabili per il solo fatto che ha accettato il ruolo di “testa di legno”. Non c’è, infatti, un automatismo tra la carica fittizia e la coscienza e la volontà di distruggere le scritture contabili: un reato per il quale è necessaria la prova del dolo specifico.
La Corte di cassazione, con la sentenza 15900, accoglie la domanda del ricorrente e annulla con rinvio la condanna per occultamento e distruzione dei libri contabili obbligatori (articolo 10 del Dlgs 74/200) disposta nei suoi confronti. Secondo la difesa la scelta della corte d’Appello era errata, sia perché mancava il presupposto del dolo specifico sia per la manifesta inoffensività della condotta, unita all’ammontare esiguo dell’imponibile evaso, pari a 2.300 euro. Il ricorrente aveva messo a disposizione degli inquirenti una scrittura privata dalla quale emergeva il suo ruolo di “testa di legno” e si era inoltre prontamente attivato con il commercialista perché producesse le scritture contabili occultate. Il suo comportamento non aveva fatto però cambiare idea ai giudici di merito che lo avevano considerato comunque responsabile di aver contribuito a realizzare il disegno degli effettivi amministratori.
Una decisione che, secondo la Cassazione, non rispetta il canone dell’«oltre ogni ragionevole dubbio», rispetto alla sussistenza del dolo specifico. Per la responsabilità, serve la dimostrazione della coscienza e della volontà da parte dell’imputato di mettere in atto le azioni censurate, unita «all’idoneità impeditiva». Il dolo specifico non può essere presunto in modo automatico, basandosi solo «sull’avvenuta realizzazione dell’elemento oggettivo del reato». Un principio del quale non avevano fatto buon uso i giudici di merito, a parere dei quali, il ricorrente pur ricoprendo un ruolo formale, non poteva ignorare di essere il diretto responsabile della tenuta delle scritture contabili e della presentazione delle dichiarazioni fiscali.
La Cassazione annulla dunque la condanna a carico del prestanome perchè gli elementi contro di lui non bastano. La Corte di merito dovrà trovare qualcosa di più delle presunzioni in modo da supportare «il fine specifico richiesto dalla norma penale incriminatrice». Patrizia Maciocchi

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