ITALIA OGGI SETTE
I paletti fissati dalla Corte di cassazione nel caso di ingratitudine del donatario
Revoca donazione, tempi certi
È l’ingiuria intollerabile a far decorrere la prescrizione
Lun.31 – La prescrizione per la revoca della donazione decorre dal momento nel quale gli atti ingiuriosi sono diventati intollerabili: lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza n. 21010/2016.
Intervenuta sul ricorso del donatario avverso la decisione di merito con la quale veniva revocata la liberalità che la madre aveva fatto nei suoi confronti (lasciandogli la nuda proprietà dell’immobile coniugale e riservandosi il diritto di usufrutto sul medesimo), la seconda sezione civile, nel definire il giudizio della Corte d’appello «congruamente motivato», ha sostenuto che «in presenza di una pluralità di atti offensivi fra loro strettamente connessi, perché possa iniziare a decorrere il termine decadenziale previsto dall’art. 802 c.c. – in base al quale «la domanda di revocazione per causa d’ingratitudine deve essere proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il donatario o i suoi eredi, entro l’anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consegue la revocazione» – deve guardarsi al momento in cui questi raggiungono un livello tale da non poter essere più ragionevolmente tollerati secondo una valutazione di normalità».
Così come in sede di merito, anche per i giudici di legittimità, benché l’ingratitudine del donatario si fosse concretizzata in una progressione di atti ingiuriosi, era dal giorno in cui tale progressione era arrivata al suo culmine che occorreva computare il termine di decadenza, cosa che, nella specie, era avvenuta e, quindi, poteva dirsi rispettata la scadenza annuale per l’esercizio dell’azione di revocazione tanto con riferimento al momento in cui il comportamento ingiurioso del donatario aveva raggiunto il proprio culmine, quanto con riferimento a quello nel quale tale comportamento ingiurioso aveva raggiunto un grado così significativo da indurre la donataria a esperire un’azione di manutenzione del possesso.
A nulla sono valse le censure dell’uomo, il quale lamentava il fatto che la corte territoriale non avesse valutato il materiale istruttorio in maniera adeguata e conforme ai principi giurisprudenziali: per gli Ermellini il ricorso andava rigettato e il ricorrente condannato alle spese di giudizio. Adelaide Caravaglios