CASSAZIONE: Rimborsi, disconoscimento senza decadenza (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Cassazione. Sì alla contestazione del diritto anche oltre i termini ordinari di accertamento
Rimborsi, disconoscimento senza decadenza

La spettanza di un credito chiesto a rimborso in dichiarazione può essere disconosciuta dall’amministrazione anche oltre i termini ordinari di decadenza del potere di accertamento. L’assenza di controlli, infatti, non cristallizza il diritto alla restituzione delle somme. Ad affermarlo sono le Sezioni unite della Cassazione con la sentenza 5069/2016 depositata ieri.
Una fondazione bancaria ha presentato un’istanza all’agenzia delle Entrate per sollecitare un rimborso Irpeg esposto in una dichiarazione presentata anni prima. L’ufficio ha opposto silenzio-rifiuto e la contribuente lo ha impugnato. In entrambi i gradi di merito i giudici tributari hanno confermato il diritto al rimborso.
In particolare il collegio d’appello ha affermato che l’ufficio non poteva più contestare il credito poiché si era “consolidato” essendo riferito a un periodo di imposta per il quale il potere di accertamento era decaduto. L’Agenzia ha impugnato la decisione in Cassazione, evidenziando che ricade sul contribuente l’onere di provare la sussistenza del diritto in qualunque tempo. Ciò a prescindere dalla decadenza dell’esercizio.
Con l’ordinanza 23529/2014, la sezione tributaria della Suprema corte ha rimesso la causa alle Sezioni unite, dato che sul punto si era formato un contrastante orientamento della giurisprudenza di legittimità.
La questione, in estrema sintesi, riguardava la spettanza di un rimborso riferito a un credito correttamente esposto in una dichiarazione, che non fosse stato disconosciuto o contestato entro gli ordinari termini previsti per l’accertamento da parte degli uffici. Secondo una tesi forse più garantista per i contribuenti, una volta decorso tale termine, in assenza di rettifica da parte dell’Agenzia si cristallizzava il credito sia nel presupposto che nell’importo, precludendo qualunque contestazione sui presupposti del diritto.
Non condividendo le più recenti pronunce in materia (sentenze 2277/2016 e 9339/2012), le Sezioni unite hanno ritenuto “preferibile” la soluzione accolta nella precedente giurisprudenza secondo cui i termini decadenziali del potere di accertamento sono validi solo per il riscontro di un debito del contribuente (credito per l’amministrazione).
I giudici hanno anche rilevato che tale conclusione può apparire disarmonica nel sistema, poiché decorso il termine per l’accertamento, l’Agenzia può contestare il contenuto di un atto solo nella misura in cui tale contestazione le consente di evitare un esborso. Con riguardo alle, i giudici di legittimità hanno affermato che il contribuente non è lasciato senza difesa poiché può impugnare il silenzio opposto e ottenere una giudizio sul punto.
La decisione rischia di privare il contribuente di una certezza su un proprio diritto. I termini di decadenza per l’esercizio del potere impositivo sono una garanzia prevista per evitare che il patrimonio sia esposto alle pretese del Fisco, senza limiti di tempo (si veda la Cassazione 171/2015). Il diritto di rimborso, sotto altro profilo, può comunque far parte del “patrimonio” del contribuente, ma alla luce dei principi affermati dalle Sezioni unite, può essere contestato in ogni momento, obbligandolo a conservare le prove a supporto senza limiti di tempo.
Va poi considerato che gli uffici possono organizzare la propria attività di controllo (anche per i rimborsi) entro i termini ordinari di decadenza che comunque non sono brevi. Laura Ambrosi Antonio Iorio

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