IL SOLE 24 ORE
Licenziamenti. Sanzionata bancaria che entrava in banca dati per fini personali con le credenziali del precedente direttore
Rischio recesso se si usa la password altrui
L’utilizzo vietato delle credenziali del precedente direttore di filiale per accedere al terminale e l’uso protratto nel tempo della password per interrogare la banca dati a pagamento, allo scopo di estrarre informazioni su specifici soggetti e imprese per esigenze non attinenti al servizio, costituiscono giustificato motivo soggettivo di licenziamento del dipendente.
La Corte di cassazione è pervenuta a questa conclusione (sentenza n. 12337, depositata ieri) sulla scorta del principio per cui il giustificato motivo soggettivo e la giusta causa di licenziamento costituiscono una nozione di contenuto limitato e con formula generica, la quale, proprio allo scopo di adeguare la portata precettiva della norma ad una realtà articolata e mutevole nel tempo, richiede di essere specificata in sede di interpretazione attraverso la valorizzazione sia di fatti esterni che attengono alla coscienza generale, sia di principi che si desumono tacitamente dalla disposizione.
Aggiunge la Corte che, in questo ambito normativo, la contestazione degli addebiti acquista rilievo sul piano disciplinare laddove la condotta inadempiente ascritta al lavoratore, successivamente licenziato, non abbia un contenuto generico e meramente contrappositivo, ma faccia riferimento ad una specifica denuncia di incoerenza rispetto agli “standards” valutativi esistenti nella realtà sociale.
Ricollegandosi al proprio consolidato insegnamento, la Cassazione precisa che i fatti addebitati sul piano disciplinare giustificano l’irrogazione del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo se rivestono il carattere di grave negazione degli obblighi contrattuali inerenti al rapporto di lavoro e, per tale ragione, ledono irreparabilmente il vincolo fiduciario. A tale proposito, la valutazione sulla gravità della condotta inadempiente deve essere operata, secondo la Corte, sulla base degli aspetti concreti relativi alla natura e alla qualità del rapporto di lavoro, alla posizione che in esso rivestono le parti, al grado di affidamento richiesto al dipendente, ai pregiudizi arrecati e alle circostanze del loro verificarsi, nonché ai motivi che stanno alla base delle azioni del dipendente e all’intensità dell’elemento psicologico.
In primo grado il licenziamento era stato revocato, mentre la Corte d’appello, accogliendo la tesi della Banca, ha confermato la validità del provvedimento espulsivo.
La Cassazione si associa al giudizio della corte territoriale e conferma che l’utilizzazione da parte dell’impiegata dell’istituto di credito della password del precedente direttore e gli accessi protratti per mesi alla banca dati per svolgere verifiche su persone e imprese non attinenti alle proprie mansioni costituivano grave negazione delle obbligazioni contrattuali e legittimavano il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Ad avvalorare il giudizio di legittimità del provvedimento espulsivo interviene, ad avviso della Cassazione, il ruolo delicato inerente alle funzioni della dipendente e l’accesso non autorizzato a dati personali e sensibili di soggetti terzi, in quanto si tratta di elementi a conferma del venir meno del vincolo fiduciario. Giuseppe Bulgarini d’Elci