CASSAZIONE: Sì alla confisca esclusa nel patteggiamento (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Cassazione. Senza prova della provenienza lecita dei beni la misura può essere applicata in un separato giudizio di prevenzione
Sì alla confisca esclusa nel patteggiamento

Sab. 2 – Roma. Il rigetto della domanda di confisca proposta nei confronti dell’imputato che ha patteggiato per il reato di usura, non preclude l’adozione della misura sugli stessi beni, disposta in un separato procedimento di prevenzione. A meno che non sia offerta la prova della lecita provenienza dei beni, valutata in entrambi i procedimenti. La Corte di cassazione con la sentenza 27147, respinge parzialmente il ricorso dell’imputato. I giudici di legittimità bocciano la tesi del ricorrente secondo il quale, nel suo caso, non poteva essere applicato l’articolo 18 del codice antimafia (Dlgs 159/2011) – che consente di applicare la misure di prevenzione patrimoniali pur in assenza di pericolosità sociale – perché i fatti addebitati erano stati commessi prima dell’entrata in vigore della norma.
Per la Suprema corte correttamente la corte di merito aveva precisato che, già con la riforma delle misure di prevenzione introdotta nel 2008. Il legislatore aveva di fatto dato il via libera alla possibilità di aggredire i patrimoni di origine illecita a prescindere dall’attuale pericolosità sociale del loro titolare «e senza che fosse riferibile alla confisca di prevenzione, che non costituisce una sanzione, il divieto di applicazione retroattiva stabilito per le pene». Nel caso esaminato era emerso che l’imputato si era dedicato stabilmente all’usura e che i suoi conti non tornavano: c’era una sproporzione tra i redditi dichiarati e il patrimonio accumulato. Beni dei quali il ricorrente non era risuscito a dimostrare la lecita provenienza, in modo da poter sbarrare la strada alla confisca. Inoltre i periodi presi in considerazione nei due procedimenti a suo carico erano diversi, come diverse erano le fonti probatorie dalle quali erano emerse le condotte illecite, non esaminate in sede di patteggiamento. Si può dunque escludere sia la formazione di un giudicato, come si può escludere una violazione del principio “ne bis in idem” applicabile al procedimento di prevenzione ma non preclusivo della misura applicata in virtù di circostanze autonome sopravvenute al precedente giudizio. Non passa neppure l’eccezione della difesa relativa all’impossibilità di utilizzare nei procedimenti di prevenzione i verbali di sommarie informazioni raccolte dalla polizia giudiziaria su delega del Pubblico ministero.
La Suprema corte però, pur ammettendo che gli elementi più usati sono sentenze e verbali formati in separati procedimenti penali, precisa che non esiste una definizione normativa delle fonti di conoscenza utilizzabili nel giudizio di prevenzione e che nel codice antimafia non c’è alcun divieto all’utilizzo dell’attività investigativa orientata. I giudici valorizzano anzi l’assenza di puntuali prescrizioni sulle modalità di acquisizione delle notizie necessarie a formulare la proposta di applicazione della misura di prevenzione Patrizia Maciocchi

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