ITALIA OGGI
Le s.u. penali della Cassazione risolvono il contrasto rifacendosi alla lettera della norma
Si allarga la messa alla prova
Nel conteggio della pena non si calcola l’aggravante
Sì alla messa alla prova per adulti anche per i reati più gravi. Il richiamo contenuto nell’articolo 168-bis cp alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni deve essere riferito alla sanzione massima prevista per la fattispecie-base, mentre non rilevano le circostanze aggravanti, comprese quelle a effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato. Lo stabiliscono le Sezioni unite penali della Cassazione con la sentenza 36272/16, pubblicata il primo settembre: il contrasto di giurisprudenza è chiuso anzitutto in base alla lettera della norma, che non contiene alcun riferimento agli elementi accessori che possono far aumentare la pena, ma anche sul rilievo che la probation ben può essere applicata a reati caratterizzati da un maggior disvalore perché si tratta di un istituto che prevede comunque un trattamento sanzionatorio a contenuto afflittivo, pur non detentivo, che può condurre all’estinzione del reato.
Finalità deflativa. Non convince le sezioni unite penali l’orientamento interpretativo più restrittivo secondo cui la lettura opposta risulterebbe «asistematica» rispetto agli altri istituti si esprimono che nel senso di tener conto «della pena stabilita dalla legge per il reato per il quale si procede» ma riconducono a unità il sistema con norme volte a stabilire i criteri di determinazione della pena, come quelle previste dagli articoli 4, 278, 379 e 550 cpp. Enfatizzare le ragioni generalpreventive dell’istituto limitandolo ai reati più lievi rischia di tradire la ratio dell’articolo 168-bis cp, che è (anche) deflativa, cioè serva a svuotare un po’ le carceri: si rischierebbe peraltro una sovrapposizione con la non punibilità ex articolo 131-bis cp.
Come presofferto. In realtà un istituto di provenienza anglosassone come la probation risulta innovativo perché rovescia i tradizionali sistemi di intervento sanzionatorio: sta al giudice nella sua discrezionalità decidere se è il caso di accogliere la richiesta dell’imputato. E la messa alla prova in tanto deve ritenersi applicabile a reati ritenuti astrattamente gravi in quanto prevede comunque un trattamento che ha natura sanzionatoria: lo conferma l’articolo 657 bis Cpp laddove prevede che nel determinare la pena da scontare in caso di fallimento della probation, nell’ipotesi di revoca o esito negativo, sia in ogni caso detratto il periodo corrispondente a quello della prova eseguita, come un vero e proprio presofferto. Il richiamo contenuto nell’articolo 168-bis cp al comma 2 dell’articolo 550 cpp deve ritenersi inserito solo in funzione dell’individuazione di altre fattispecie per le quali è ammesso il rito. Dario Ferrara