IL SOLE 24 ORE
Cassazione. Serve sempre l’avviso di accertamento
Società di comodo, cartella dall’ufficio senza automatismi
È illegittima la cartella fondata esclusivamente sui risultati del test di operatività delle società di comodo: è l’amministrazione che deve provare la fondatezza delle pretesa e l’applicabilità della disciplina. A fornire questo chiarimento è la Corte di cassazione con la sentenza 12777.
Il caso
L’agenzia delle Entrate aveva notificato a una società una cartella di pagamento emessa a seguito di un controllo automatizzato della dichiarazione presentata. In particolare, erano state liquidate le imposte conseguenti all’applicazione dei “parametri” previsti per le società non operative (test di operatività). La cartella di pagamento notificata dall’agenzia delle Entrate si limitava, così, a liquidare le maggiori imposte determinate sul reddito minimo calcolato secondo tali criteri.
Il ricorso
Il provvedimento era stato impugnato dalla contribuente che lamentava l’errata procedura seguita dall’ufficio per l’accertamento del maggior reddito e, in ogni caso, che la società non aveva conseguito il reddito minimo previsto dal test di operatività per lo stato di crisi del periodo.
Entrambi i giudici di merito avevano annullato la pretesa e in particolare il collegio di appello aveva precisato che per le società considerate non operative il reddito può essere determinato induttivamente, ma non attraverso la liquidazione automatica della dichiarazione, bensì con un avviso di accertamento previa instaurazione di un contraddittorio. Inoltre, lo stato di crisi dell’impresa escludeva che la stessa potesse rientrare nella disciplina della società di comodo, poiché era evidente la temporanea incapacità di svolgere la propria attività caratteristica.
La Cassazione
L’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione evidenziando che il contraddittorio preventivo era necessario solo nell’ipotesi di accertamento e non per il caso di liquidazione automatica. La norma, peraltro – secondo l’ufficio – non escludeva la possibilità di iscrivere direttamente a ruolo l’imposta dovuta dalle società di comodo, con la conseguenza che la pretesa era legittima. La Suprema corte, confermando la pronuncia di merito, ha rilevato che va verificato il fondamento sostanziale della pretesa impositiva a prescindere che l’ufficio abbia iscritto direttamente a ruolo.
Secondo i giudici di legittimità è irrilevante che la liquidazione automatica fosse conseguita dai dati dichiarati dalla stessa società contribuente, poiché occorre riscontrare l’applicabilità della disciplina sulle società non operative e della conseguente presunzione di reddito imponibile minimo.
La cartella di pagamento rappresentava il primo atto impositivo impugnabile con cui la pretesa fiscale è stata esercitata. L’amministrazione era così gravata dell’onere di provare la sussistenza dei relativi presupposti e nella specie, così come ritenuto dal giudice di merito, tale onere non era stato assolto. Laura Ambrosi