ITALIA OGGI SETTE
Studi associati, mano ai calcoli
Lun.18 – Negli studi associati il sindaco è indipendente se per detta funzione (ivi compresa la revisione legale) percepisce più di quanto gli proviene dalla consulenza prestata alla società dai soci di studio. È questa, in estrema sintesi, la posizione traibile dalle norme di comportamento del collegio sindacale recentemente rinnovate dal Cndcec. Tali criteri di valutazione dell’indipendenza sono stati ritenuti validi anche dalla Cassazione.
La posizione delle norme di comportamento. Per gli studi associati (anche società fra professionisti e centri elaborazione dati), una soluzione «matematica» alle varie situazioni viene fornita dalle norme di comportamento. A riguardo, nella norma 1.4. si legge: «Il rischio di «dipendenza finanziaria» può sussistere concretamente quando i compensi percepiti dal professionista (o che egli prevede di percepire) da una società o da altre società del gruppo e comprendenti sia quelli individuali che quelli provenienti dalla partecipazione alla rete sono superiori a un determinato livello rispetto al totale dei compensi da lui percepiti e, quando, allo stesso tempo, il compenso percepito (o che si prevede di percepire) per l’attività di sindaco da una società o da altre società del gruppo non è preponderante sul totale dei compensi percepiti dalla società medesima (o da altre società del gruppo). In tal caso il sindaco potrebbe privilegiare il suo interesse per gli altri servizi compromettendo l’obiettività di giudizio. Il manifestarsi di tali situazioni non determina direttamente e inevitabilmente la compromissione dell’indipendenza, ma deve indurre il sindaco a ricercare tempestivamente un’adeguata misura di salvaguardia che riduca i rischi a un livello accettabile».
Per dare una connotazione «matematica-operativa» alle specifiche situazioni di potenziale compromissione dell’indipendenza finanziaria, nel caso in cui nei confronti della società siano rese prestazioni ulteriori rispetto a quelle di sindaco, è stata ipotizzata, nelle norme di comportamento, quanto si legge nella tabella. In relazione all’indipendenza finanziaria, vengono fissati due parametri cui fare riferimento e cioè il rapporto fra gli emolumenti ricevuti dalla società, o da società appartenenti allo stesso gruppo, in cui si è sindaci, rispetto ai propri ricavi complessivi del professionista, nonché il rapporto fra i compensi dell’attività di sindaco e gli altri emolumenti percepiti (indirettamente) dalla stessa società o da altre società appartenenti allo stesso gruppo, attraverso altre consulenze, fornite da diversi membri dello stesso studio associato.
A riguardo, si prevede che quando il rapporto fra ricavi dal Collegio (riferiti al singolo professionista e non ripartiti all’interno dello studio) e ricavi complessivi del sindaco superi il 5%, dovrà essere valutato anche il rapporto fra i ricavi dell’attività di sindaco e gli onorari complessivi anche per altre attività fornite dallo studio alla stessa società o a società dello stesso gruppo. Questi ultimi compensi, su base personale, dovranno essere inferiori a quelli percepiti come sindaco. In questo caso il rapporto fra attività sindacale, da intendersi al lordo dei compensi (eventuali) per revisione legale dei conti e i compensi totali imputabili al sindaco (cioè quelli da sindaco più la quota parte per consulenze prestate dal/dai socio/soci di studio) deve essere superiore al 50%. Al crescere della dipendenza dallo stesso cliente, le ulteriori consulenze dovranno fornire al sindaco compensi percentualmente ancora inferiori. Infatti, se i ricavi percepiti dal sindaco dalla stessa società o da società appartenenti allo stesso gruppo superassero il 15% dei suoi ricavi complessivi, i compensi sindacali dovrebbero rappresentare almeno i 2/3 dei compensi complessivi percepiti dalla stessa società o da società appartenenti allo stesso gruppo (per l’attività di sindaco e per quelle di consulenza da altri prestata). Al superamento di dette soglie, il sindaco non sarà obbligato a dimettersi ma dovrà trovare un sistema atto a salvaguardarlo dal rischio di compromissione dell’indipendenza (per esempio, riducendo l’attività consulenziale dello studio). In pratica, il rischio di «dipendenza» scende negli studi costituiti da un numero più elevato di professionisti e con alto fatturato, mentre sale negli studi di più piccola dimensione.
La posizione della Cassazione. Sulla stessa linea si pone una pronuncia della Cassazione (Cass. 8/5/2015 n. 9392) secondo la quale ciò che rileva ai fini dell’indipendenza «è il rapporto associativo fra il sindaco e il consulente, talché occorre valutare i profili di compromissione patrimoniale verificando quale sia la quantità dei ricavi derivanti dalla collaborazione altrui destinata a rifluire nel patrimonio personale del sindaco in rapporto all’entità del compenso sindacale, tenendo presente la sua posizione nella compagine associativa. In applicazione di tale criterio, occorre concludere che l’indipendenza del controllore sia messa in pericolo tutte le volte in cui egli si possa attendere dal rapporto di consulenza del suo associato un ritorno economico personale superiore a quello che gli deriva dalla retribuzione sindacale».
Anche la giurisprudenza, quindi (facendo riferimento nel caso di specie alla posizione del Consiglio nazionale Ragionieri), sembra orientata a ritenere che gli emolumenti rientranti nella sfera del sindaco per attività estranee all’attività di controllo debbano essere tali da non minare l’indipendenza dello stesso nella funzione sindacale.
Secondo la stessa, infatti, i compensi «indiretti» percepiti per consulenze prestate da soci o collaboratori dello stesso studio associato dovranno procurare al sindaco, individualmente inteso, introiti inferiori rispetto a quelli percepiti per l’espletamento della funzione di controllo.