ITALIA OGGI SETTE
Tardiva impugnazione, il legale deve risarcire
Lun.18 – Nel caso di tardiva impugnazione di una sentenza penale di condanna, dopo la quale il soggetto anche in appello sarà impossibilitato ad ottenere una condanna a pena minore, si profilerà un danno, di natura non patrimoniale, attribuibile all’avvocato che dovrà risarcire il condannato al fine di ristorare la sofferenza patita per il protrarsi della detenzione che tuttavia non potrà considerarsi ingiusta.
Ad affermarlo sono stati i giudici della terza sezione civile della Corte di cassazione con la sentenza n. 12280 dello scorso 15 giugno. Pertanto secondo i giudici di piazza Cavour i criteri assunti dalla giurisprudenza penale in tema di liquidazione del danno da ingiusta detenzione (euro 235,83 al giorno) non potranno essere acquisiti in modo automatico in sede civile, ma necessiteranno di un adattamento alla particolarità della situazione, che il giudice di merito è chiamato a compiere, trattandosi di una liquidazione in via equitativa.
E quindi il criterio economico assunto come parametro non sarà automaticamente utilizzabile e, così, tale criterio, pur essendo quello che, almeno in astratto, più si avvicina al caso in esame, potrà essere assunto a parametro, ma di una valutazione non automatica, trattandosi di una liquidazione che deve avvenire secondo criteri equitativi.
Gli Ermellini hanno altresì richiamato un orientamento della stessa Cassazione (Ss.uu., sentenza 9 novembre 2011, n. 23299) secondo il quale: «Affinché un capo di sentenza possa ritenersi validamente impugnato, non è sufficiente che nell’atto di appello sia manifestata una volontà in tal senso, ma è necessario che sia contenuta una parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico». Inoltre, nella sentenza in commento, è stato sottolineato come il danno non patrimoniale sia cosa diversa da quella patrimoniale e che, perciò, l’atto della liquidazione non comporta alcun cambiamento della natura del danno, ovvio essendo che la liquidazione traduce comunque il pregiudizio sofferto in un’entità economicamente valutabile. In conclusione: la più lunga detenzione che Tizio ha subito non è da considerarsi ingiusta, ma può esserlo solo in via ipotetica, perché egli è stato condannato ad una pena detentiva in primo grado, evidentemente confermata in appello a causa della tardività dell’impugnazione proposta dall’avvocato: sarà, dunque, una condanna del tutto legittima alla quale ha fatto seguito una detenzione altrettanto legittima. Angelo Costa