IL SOLE 24 ORE
Cassazione. Quando le dichiarazioni già rese in fase predibattimentale sono autoindizianti
Testimone «inutile» anche se non indagato
Sab .14 – Roma. Sono inutilizzabili le dichiarazioni rese dal teste in dibattimento se, già in fase di indagini preliminari, erano emersi gravissimi indizi a suo carico come sodale nel reato contestato a terzi. L’inutilizzabilità scatta a prescindere da una formale iscrizione del teste nel registro degli indagati.
La Corte di cassazione, con la sentenza 20098 depositata ieri, respinge il ricorso del Pm che contestava l’assoluzione di alcuni imputati con la formula “perché il fatto non sussiste”, ottenuta proprio grazie alla non utilizzabilità di quanto affermato da un teste chiave la cui dichiarazione, sovrapponibile a quella resa in dibattimento, era apparsa “autoindiziante”(articolo 63, comma secondo del codice di procedura penale) già in fase predibattimentale.
La Cassazione decide muovendosi sul solco tracciato dalle Sezioni unite con la sentenza Mills (15208/2010). In quell’occasione i giudici affermarono che spetta al giudice il potere di verificare nella sostanza la possibilità di attribuire al dichiarante la qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni vengono rese. E nel farlo può andare oltre il riscontro di indici formali come l’avvenuta o meno iscrizione del nome nel registro delle notizie di reato.
Secondo le Sezioni unite, infatti, subordinare l’applicazione dell’articolo 63 all’iniziativa del pubblico ministero di iscrivere il teste nel registro vorrebbe dire condizionare l’operatività della norma all’azione del Pm «quando sarebbe invece proprio l’omissione antidoverosa di quest’ultimo a essere oggetto di sindacato in vista della dichiarazione di inutilizzabilità».
Per la Cassazione non può invece essere condiviso l’orientamento difforme espresso dalla V sezione con la sentenza 24300 del 2015. Un verdetto nel quale si afferma che il divieto di utilizzazione nei confronti di terzi di dichiarazioni rese da una persona che avrebbe dovuto essere sentita come indagata non riguarda le affermazioni fatte al giudice da chi non ha mai assunto la qualità di imputato o di persona sottoposta a indagini.
La ragione starebbe nel fatto che il giudice, a differenza del Pm, non può attribuire a nessuno, di propria iniziativa la qualità di imputato o di indagato, ma deve solo verificare che non sia stata già formalmente assunta.
La Cassazione respinge anche la tesi del Pm, secondo il quale si poteva “rimediare” riaprendo l’istruzione dibattimentale, in modo da acquisire le dichiarazioni seguendo le regole previste per l’esame delle persone imputate in un procedimento connesso (articolo 210 del codice di rito).
Per la Cassazione non si tratta di una nullità a regime intermedio, ma di una inutilizzabilità patologica che rende non percorribile la via indicata dal pubblico ricorrente. Patrizia Maciocchi