CASSAZIONE: Transfer price, l’Agenzia deve provare l’elusione (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Cassazione/1. Le regole sulle rettifiche per le controllate estere
Transfer price, l’Agenzia deve provare l’elusione

Incombe sull’amministrazione l’onere di dimostrare che un’operazione antieconomica realizzata tramite una controllata o controllante con sede all’estero costituisca reddito. Vale infatti la regola fondamentale secondo cui la prova dell’elusione e dei suoi presupposti grava sull’ufficio che intende operare le rettifiche.
Ad evidenziare il principio è la Corte di cassazione, sezione Tributaria, con la sentenza numero 6656 depositata ieri. Nel caso sottoposto ai giudici, l’Ufficio contestava ad una società appartenente a un gruppo multinazionale l’occultamento di ricavi derivanti dalla vendita di beni per il tramite di un’impresa estera del gruppo stesso.
In sintesi, secondo l’Agenzia, l’impresa estera avrebbe fatturato costi di pubblicità alla società italiana per la vendita di prodotti nel Paese estero, tuttavia tali costi erano superiori ai ricavi derivanti dalle vendite dei medesimi prodotti. La differenza tra quanto ricavato dalle vendite e quanto effettivamente speso rappresentava così un reddito occultato dalla società italiana mediante la simulazione di costi.
L’Agenzia applicava la normativa in materia di transfer pricing in base alla quale i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato che, direttamente o indirettamente, controllano l’impresa sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti.
Nonostante le due commissioni di merito annullassero la pretesa erariale, l’Agenzia ricorreva in Cassazione evidenziando, in estrema sintesi, che l’operazione compiuta dall’impresa italiana era antieconomica perché la vendita era avvenuta a prezzi inferiori rispetto ai costi sostenuti.
A tal fine veniva richiamata la giurisprudenza di legittimità in base alla quale, in caso di operazione antieconomica, è legittima la pretesa dell’Ufficio, se il contribuente non è in grado di giustificare adeguatamente tale anomalia. Nella specie, i giudici di secondo grado avevano giustificato l’apparente antieconomicità con la strategia di marketing adottata dalla società italiana per la produzione e commercializzazione dei propri prodotti nello Stato estero, trovandosi peraltro in fase di start up.
La Suprema corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia rilevando, innanzitutto, che la pretesa di maggior reddito derivante da un’operazione economica realizzata tramite una controllata o controllante estera deve essere provata dall’amministrazione. Più in generale i giudici di legittimità ribadiscono il principio secondo cui la prova dell’elusione e dei suoi presupposti grava sull’ufficio che intende operare le conseguenti rettifiche.
A nulla rileva, in tale contesto, la giurisprudenza citata dall’Agenzia nel ricorso circa la dimostrazione dei costi perché, nella specie, la contestazione riguardava l’occultamento di un maggior reddito. La sentenza ha così ritenuto corretta la motivazione della Ctr la quale, a fronte della presunzione di maggior reddito dell’Ufficio, ha contrapposto e valutato più verosimili, le ragioni della società secondo cui, in fase di start up, il costo per promuovere il prodotto era superiore alle vendite. Laura Ambrosi

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