IL SOLE 24 ORE
Cassazione. Possibile l’iscrizione all’anagrafe: le madri (ora divorziate) si erano sposate in Spagna dove è nato il bambino
Un minore può avere due mamme
Sab. 1 – Milano. Il piccolo T., 5 anni, è il primo bambino italiano con due mamme e nessun papà. A certificare la sua posizione anagrafica è la Prima sezione civile della Corte di cassazione (sentenza 19599/16), che ieri ha depositato le motivazioni del provvedimento con cui ha respinto il ricorso del ministero dell’Interno e della Procura generale di Torino contro l’iscrizione di T. nei registri del comune piemontese.
La vicenda giudiziaria del piccolo, figlio di una cittadina spagnola e di una italiana regolarmente sposate (e poi divorziate) in Spagna, è suo malgrado tortuosa, come spesso succede per i casi che segnano un’epoca del costume, prima ancora che del diritto. Tornata in Italia dopo il divorzio, la “madre B” italiana – donatrice dell’ovulo, “madre A” è quella che partorì – chiede l’iscrizione del figlio all’anagrafe di Torino; qui però l’ufficiale si oppone per ragioni di «ordine pubblico», e anche il tribunale civile rifiuta l’atto con le medesime argomentazioni. Solo la Corte d’appello va oltre l’ostacolo, rimarcando come sia in gioco «l’identità personale» del piccolo e quindi la sua collocazione scolastica, sanitaria, ereditaria, oltre al rapporto stesso con “madre B”, che non avrebbe neppure il diritto di tenerlo con sè. La decisione dell’appello è stata però portata in Cassazione sia dal Pg torinese sia dal ministero dell’Interno, secondo cui la ricezione dell’atto anagrafico spagnolo, scardinando la nozione di famiglia presente nell’ordinamento italiano, urterebbe l’ordine pubblico.
Proprio dall’analisi della nozione di ordine pubblico parte la lunghissima sentenza della Prima civile, che spiega come quel concetto si sia molto modificato negli ultimi decenni: se negli anni ’30 vigeva una accezione statalista (tutto ciò che si scostava dalla legge interna era considerato illecito) oggi l’ordine pubblico a cui l’interprete deve fare riferimento è quello europeo, cioè quell’insieme di valori “medi” riconosciuti nelle legislazioni e nella giurisprudenza continentale. E la contrarietà all’ordine pubblico, in questo contesto, deve essere «manifesta», cioè una «minaccia reale, attuale e grave nei confronti di un interesse fondamentale della società». Altro punto qualificante per l’interprete è l’interesse del minore, che nel caso specifico sarebbe irrimediabilmente compromesso dalla esclusione sociale del piccolo, per un fatto (il matrimonio non consentito dalla legge nazionale) tra l’altro addebitabile ai genitori. La Corte sottolinea inoltre che dare esecutività a un atto originato all’estero (l’iscrizione anagrafica del piccolo), e che regola un caso specifico, non significa introdurre surrettiziamente un istituto non previsto dall’ordinamento (il matrimonio omosessuale).
Importante anche il passaggio della Corte sulla qualificazione della maternità in questione. Non si tratta infatti di surrogazione di maternità, in sostanza di utero in affitto, perchè il piccolo T. è nato all’interno di un progetto genitoriale e con modalità del tutto simili a una fecondazione eterologa, con un donante estraneo alla coppia. Eterologa che, tra l’altro, è recepita nell’ordinamento italiano a determinate condizioni. Tra le prime reazioni alla sentenza della Cassazione, quella di Paola Binetti (Ap): «La legge sulle unioni civili – scrive – è stata preceduta da una mozione che aveva un punto fermo nel no esplicito alla stepchild adoption e nella conferma di quel divieto dell’utero in affitto, strettamente legato alla legge 40, tuttora in vigore in Italia. Ma ancora una volta la sentenza della Cassazione entra nel vivo di una dialettica sempre più stringente tra magistratura e parlamento, tra chi deve far rispettare le leggi e chi invece le leggi le fa». Francesca Puopolo, presidente di Arcigay Torino: «È con immensa gioia che riceviamo la notizia della ratifica da parte della Cassazione del riconoscimento della maternità a due donne». Alessandro Galimberti