CASSAZIONE: Va provato l’iter del licenziamento (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Cassazione. Se disciplinare e con tempi lunghi
Va provato l’iter del licenziamento

Nel caso di licenziamento per motivi disciplinari, il requisito dell’immediatezza della contestazione è relativo, ma è importante che il datore di lavoro sia in grado di provare non solo il momento di conclusione delle indagini, ma anche l’intera successione temporale delle stesse.
Con la sentenza 10839/201 6, la Corte di cassazione è intervenuta di nuovo sul tema della tempestività dell’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro.
Nel caso specifico, un dipendente di un istituto bancario è stato licenziato per aver effettuato alcune operazioni irregolari. In particolare, il licenziamento è stato irrogato per fatti risalenti a quasi due anni prima rispetto all’apertura del procedimento disciplinare, nonché dopo tre mesi dall’audizione del dipendente.
La Corte d’appello – ribaltando la sentenza del giudice di primo grado – ha dichiarato nullo il licenziamento sia per l’intempestività del recesso, sia per l’insussistenza della gravità degli addebiti.
Con riferimento alla questione della tempestività, la Corte territoriale ha rilevato che il ritardo della contestazione non poteva essere giustificato dalla complessità dell’accertamento, atteso che il meccanismo di controllo dell’istituto bancario ha segnalato immediatamente le operazioni potenzialmente anomale. In ogni caso, ad avviso della Corte, il datore di lavoro non ha provato le scansioni temporali che hanno condotto dalla prima segnalazione delle operazioni contestate alla conclusione delle indagini.
La Cassazione ha confermato quanto statuito dal giudice d’appello sull’intempestività della contestazione, nonostante essa stessa abbia confermato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui «il principio della immediatezza della contestazione dell’addebito e quello della tempestività del recesso datoriale […] devono essere intesi in senso relativo potendo essere compatibili in relazione al caso concreto e alla complessità dell’organizzazione del datore di lavoro, con un intervallo di tempo necessario per l’accertamento e la valutazione dei fatti contestati, così come per la valutazione delle giustificazioni fornite dal dipendente».
E infatti la Suprema corte, ha altresì osservato come, ai fini della valutazione sull’immediatezza della contestazione, gravi sul datore di lavoro l’onere «di fornire la prova del momento in cui ha avuto la piena conoscenza dei fatti da addebitare al lavoratore».
Sulla scorta di tali osservazioni, la Cassazione ha ritenuto immune da censure la valutazione effettuata dalla Corte d’appello secondo cui «solo ove le concrete ragioni di ritardo fossero state provate avrebbe dovuto soccorrere un criterio di ragionevolezza attesa la necessità di contemperare le difficoltà dell’accertamento con quelle difensive del dipendente chiamato a giustificare il proprio operato a due anni di distanza». Angelo Zambelli

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