ITALIA OGGI
FALSO IN BILANCIO/ Le motivazioni delle s.u. della Cassazione sul nuovo reato
Valutazione ingannevole è reato
Falsa informazione, il giudice valuta la potenzialità
Sab. 28 – I fatti, per trovare allocazione in bilancio, devono essere «raccontati» in unità monetarie e dunque valutati. Ne deriva che rilevanti falsità nelle valutazioni, idonee a ingannare i destinatari del bilancio e a determinare scelte potenzialmente pregiudizievoli per gli stessi, configurano situazioni rilevanti ai fini dei novellati artt. 2621, 2621-bis e 2622 del codice civile.
Spetta al giudice valutare la potenzialità ingannevole della irregolare informazione contenuta nel bilancio. Qualora si accettasse la tesi della non punibilità del falso valutativo si sarebbe in pratica al cospetto di una interpretatio abrogans del delitto di false comunicazioni sociali e sostanzialmente l’intero corpus normativo, «Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio», finirebbe per presentare una significativa falla nella sua trama costitutiva. È quanto si legge nelle attesissime motivazioni espresse dalle sezioni unite della Cassazione, con sentenza n. 22474 (presidente Canzio, relatore Fumo) di ieri, 27 maggio, in merito alla rilevanza del falso valutativo nei reati di false comunicazioni sociali così come novellati dalla legge n. 69/2015. La massima provvisoria della sentenza era peraltro stata anticipata dalla Suprema corte con l’informazione provvisoria del 31 marzo 2016 (si veda ItaliaOggi del 1° aprile).
Il dibattito giurisprudenziale. La decisione delle sezioni unite era stata espressamente sollecitata dalla quinta sezione penale, la quale, nell’udienza del 2 marzo 2016, ha rilevato che fra i reati ascritti a un condannato, condanna in relazione alla quale era stato proposto ricorso, vi fosse anche quello di cui all’art. 2621 c.c. oggetto, in questi ultimi mesi di contrastanti pronunce giurisprudenziali.
Il tema, come noto, riguarda la rilevanza penale dei falsi valutativi, esclusi da alcune pronunce (Cass. 33774 del 30 luglio 2015, Cass. 6916 del 22 febbraio 2016) ma confermati da altre pronunce (Cass. n. 890 del 12 gennaio 2016; Cass. n. 12793 del 30 marzo 2016; Cass. 20256 del 16 maggio 2016).
In relazione a ciò, con ordinanza depositata il 4 marzo, la quinta sezione richiedeva se l’inciso «ancorché oggetto di valutazione», avesse determinato un effetto parzialmente abrogativo della fattispecie, ovvero se tale effetto non si fosse verificato.
La decisione delle sezioni unite. Le sezioni unite, con una pronuncia di ben 29 pagine, depositata ieri, hanno chiarito che «il bilancio in tutte le sue componenti è un documento dal contenuto essenzialmente valutativo in cui confluiscono dati certi (per esempio, costo di acquisto di un bene) e dati stimati (per esempio, prezzo di mercato di una merce) e dati congetturati (per esempio, quote di ammortamento) e dunque, sterilizzare il bilancio con riferimento al suo contenuto valutativo significherebbe negarne la funzione e stravolgerne la natura». In virtù di ciò non appare corretta, si legge ancora in motivazione, «l’opzione ermeneutica che intende contrapporre i fatti materiali, da esporsi in bilancio, alle valutazioni, che pure in bilancio compaiono; e ciò in ragione del fatto che un bilancio non contiene fatti, ma il racconto di tali fatti. Vale a dire: un fatto, per quanto materiale, deve comunque, per trovare collocazione in un bilancio, essere raccontato in unità monetarie e, dunque, valutato». Di qui la rilevanza delle valutazioni e l’irrilevanza della abrogazione della precisazione «ancorché oggetto di valutazione», che va intesa in senso concessivo, in quanto rappresentava, cioè, solo una mera specificazione/chiarificazione. Ne deriva che l’oggetto della vigente norma incriminatrice viene a corrispondere a quello della precedente. Eliminato ogni riferimento alle soglie percentuali di rilevanza delle valutazioni, infine, le sezioni unite ricordano come la nuova normativa affida al giudice in concreto la valutazione dell’incidenza della falsa appostazione o della arbitraria preterizione della stessa. Al magistrato sarà, quindi, demandata la valutazione della potenzialità decettiva della irregolare informazione contenuta nel bilancio e lo stesso «dovrà esprimere un giudizio prognostico sulla idoneità degli artifici e raggiri contenuti nel predetto documento contabile, nell’ottica di una potenziale induzione in errore». Luciano De Angelis