ITALIA OGGI
La prima decisione della Cassazione sui confini delineati dal decreto 231 del 2001
Vigilanza, dribblato il penale
Organismo non responsabile di irregolarità nei cantieri
L’organismo di vigilanza ex art. 6 dlgs 231/01 non è penalmente responsabile delle eventuali irregolarità operative dei cantieri facenti capo alla società. Così la Cassazione, prima sezione penale, con sentenza n. 18168 del 2 maggio 2016, prima decisione, a quanto consta, sui confini della responsabilità penale dell’organismo di vigilanza.
Il fatto. Un incidente, avvenuto in un cantiere navale, determinava una grave invalidità a un operaio poiché due (pesanti) tubi si sfilavano dal carico che una gru stava sollevando cadendo sull’operaio in trattazione. A riguardo, l’accusa lamentava, ex art. 437 c.p. (relativo alla «Rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro»), ai componenti del cda della società, di aver omesso di collocare apparecchi idonei al sollevamento dei materiali a mezzo gru o di averne messo in numero insufficiente e, segnatamente appositi accessori quali baie o ceste idonee al carico dei materiali. Inoltre si imputava ex art. 437 c.p. ai componenti dell’organismo di vigilanza di avere omesso di segnalare il fatto al cda e ai direttori generali e di non aver preteso che si ponesse rimedio ad una serie di carenze in tema di prevenzione dagli infortuni che venivano segnalati nei report in tema di sicurezza all’interno del cantiere, che ribadivano da tempo la mancanza di impianti, apparecchi e segnali e che l’organismo di vigilanza avrebbe recepito passivamente. A fronte del non luogo a procedere, relativamente al capo di imputazione da parte del giudice di primo grado nei confronti di tutti gli imputati per insussistenza del fatto, avverso alla sentenza proponeva, invece ricorso il procuratore della repubblica che contestava da un lato la distinzione del Gup fra apparecchi e attrezzature e dall’altro l’efficacia della delega di funzioni poiché tali deleghe non esonerano il delegante dal vigilare sull’attività del delegato, ravvisando altresì che il cda era informato delle manchevolezze di cautele del cantiere e che l’odv era consapevole dei problemi economici alla base di tali carenze.
La decisione della Cassazione. Non vi è dubbio, secondo la Cassazione che l’infortunio de quo sia stato causato dal mancato utilizzo di ceste per la sollevazione dei tubi inox a mezzo gru, ceste che, peraltro erano presenti nel cantiere navale. Tuttavia se le ceste «erano nel cantiere in quanto fornite dalla componente datoriale, spettava eventualmente ai soggetti responsabili di unità operative disporne l’utilizzo e se ( ) esse fossero state impegnate al momento della lavorazione che è stata alla base dell’infortunio de quo, allora l’operazione doveva essere differita del tempo sufficiente a reperirne altre». Non è compito del consiglio di amministrazione che ha attribuito, a riguardo, specifiche deleghe né dell’organismo di vigilanza verificare le concrete modalità operative, sotto il profilo organizzativo, attraverso le quali il lavoro viene svolto.
Conclusioni. La sentenza è di estremo rilievo in quanto va a delimitare i confini della responsabilità penale degli organi amministrativi e di controllo (nel caso di specie l’odv, ma la teoria è sicuramente estendibile anche al collegio sindacale). Viene evidenziato, in definitiva, come i compiti del consiglio di amministrazione, così come dell’organismo di vigilanza, non si dilatano fino a decidere se nell’ambito di mere operazioni tecniche (nel caso di specie le modalità di carico in una nave) si debba utilizzare una specifica modalità di lavoro o meno. Detti compiti di vigilanza specifica esulano anche da quelli dell’organismo di vigilanza di cui al dlgs 231/01. Luciano De Angelis