IL FATTO QUOTIDIANO
Avvocati sotto padrone: diritto di difesa e ddl Guidi
Il ddl che va sotto il nome di “legge annuale sulla Concorrenza” è un concentrato di ideologia: aprire i mercati, aprire i a tutti i costi, aprirli purchessia, aprirli abbastanza che possano entrarci le imprese più grandi e farne il loro terreno di pascolo come sempre accade in questi casi.
Il ddl firmato da Matteo Renzi, Federica Guidi e altri si preoccupa ora di spalancare ai capitali anche gli studi legali, organi che amministrano il sensibilissimo tema del diritto di difesa dei cittadini, e senza nessuna regola se non un pannicello caldo. Funziona così: quando la salvo modifiche non alle viste – i cosiddetti “soci di capitale” potranno diventare proprietari di uno studio e – a differenza che per le altre professioni – senza alcun limite. In uno studio di ingegneri i soci di capitale non possono avere più di un terzo delle quote, per le associazioni di avvocati no: si può salire anche al 99%.
I relatori della legge (Fregolent e Martella del Pd) hanno presentato un emendamento che prevede che “decisioni o deliberazioni” della società siano adottate solo col consenso di due terzi dei soci professionisti. Una garanzia un po’ labile quando parlano i soldi.
Facciamo un caso limite. Una banca finanzia al 99% lo studio di dieci giovani avvocati e gli indirizza i suoi clienti: quanto peseranno i due terzi dei voti che l’istituto di credito lascerà ai dieci professionisti? Peraltro la banca sarebbe titolare del 99% degli utili (e i legali sostanzialmente dei dipendenti): quanto vorrà discutere di opzioni che rendono una difesa magari meno remunerativa ma più utile per le ragioni dell’assistito? La banca ha investito, non ha impegni deontologici col cliente. Una preoccupazione questa condivisa dal Consiglio nazionale forense e dalla commissione Giustizia della Camera, ma non dal governo e da una maggioranza senza più alcuna autonomia decisionale. MARCO PALOMBI