IL CORRIERE DELLA SERA – Roma
L’Antitrust contro i notai sulle cessioni immobiliari
All’inchiesta aperta dalla procura si è aggiunta un’istruttoria dell’Authority: sulle cessioni immobiliari si sarebbe dato il via a «un’intesa restrittiva della concorrenza» che avrebbe limitato «la libertà» di una parte della categoria
Sapevamo dei tassisti che occupavano il Circo Massimo contro le «lenzuolate» di Pierluigi Bersani. E conoscevamo anche i sit in degli avvocati che, a Montecitorio, urlavano contro l’eliminazione dei minimi tariffari previsti dalle liberalizzazioni.
Cosa, invece, accadesse in casa dei notai romani che, in quello stesso periodo, si preparavano a stipulare i rogiti per le dismissioni del patrimonio immobiliare si comincia a intravedere solo ora. Perché, dopo l’inchiesta aperta dalla procura nei confronti dei vertici del collegio notarile di Roma, da ieri si è aggiunta anche un’istruttoria dell’Autorità garante della concorrenza. È possibile cioè che i vertici della categoria si siano ritagliati una rendita di posizione. Come scrivono gli esperti dell’Antitrust si sarebbe dato il via a«un’intesa restrittiva della concorrenza» che avrebbe limitato «significativamente la libertà dei notai» della Capitale.
Gli approfondimenti sono appena stati avviati, ma le ragioni sulle quali il Garante fonda l’esigenza di ulteriori verifiche sono già abbastanza significative. All’alba del grande affare delle dismissioni il collegio notarile avrebbe adottato una delibera che autorizzava a preconfezionare protocolli con gli enti. E anche di più. Perché la delibera in questione accentrava le decisioni su chi fosse autorizzato a stipulare e chi no. L’associazione Asnodim, costituita ad hoc, avrebbe contribuito alla stipula dei rogiti (in quantità industriale: 19mila aste bandite, 34mila compravendite e la stipula di 12mila mutui). Inutilmente due Tribunali amministrativi regionali (quello di Perugia e l’altro di Roma) hanno bocciato quella delibera alla quale il collegio della stessa Capitale si è scrupolosamente attenuto.
In conclusione, scrive Giovanni Pitruzzella: «L’insieme delle iniziative sopra descritte (delibera, protocolli, monitoraggio, esercizio strumentale del potere disciplinare) potrebbe configurare un’intesa restrittiva della concorrenza che potrebbe avere per oggetto e per effetto la ripartizione dei servizi notarili e la fissazione dei relativi prezzi nel settore delle dismissioni dello Stato». Prima fra queste iniziative l’approvazione – nel 2006 quando si profilava la cessione degli immobili di Stato, Scip 1 e 2 – di una delibera che limitava ad alcuni professionisti, con caratteristiche predeterminate dal collegio, la possibilità di effettuare le cessioni. Quella delibera in odore di monopolio – osserva il Garante – ha regolamentato «le procedure di dismissione di immobili di proprietà di numerosi enti pubblici fra cui Enasarco, ministero della Difesa, Roma Capitale, Inps, Ater, Inpdap, Regione Lazio, Inail, Inpdai». A quali tariffe resta ancora da capire.
Il Consiglio, aggiunge ancora il Garante, si sarebbe anche servito dell’organo disciplinare per «censurare deviazioni» da questo piano. Uno strumento pensato per tutelare il pubblico da possibili abusi deontologici sarebbe stato piegato all’esigenze private dei singoli dirigenti. A quanto trapela l’ipotesi troverebbe, almeno in parte, conferma nel racconto di alcuni notai che, in queste settimane, sono stati ascoltati dai finanzieri del Tributario ai quali è delegata l’indagine della procura. Indagine che, fino a questo momento, è rimasta nei confronti di ignoti. Nel ricordare che le «prestazioni notarili non si sottraggono all’applicazione del diritto della concorrenza» l’Antitrust avvisa i vertici del collegio che hanno 60 giorni di tempo per chiedere di essere ascoltati. isacchettoni@rcs.it