IL SOLE 24 ORE
Difetti di costruzione. Le condizioni per la «chiamata in causa»
Responsabile dei danni anche il direttore lavori
Tutti responsabili per i difetti di costruzione del condominio: lo stabilisce l’articolo 1669 del Codice civile in materia di rovina e difetti di cose immobili, che presuppone un genere di responsabilità nella quale incorre certamente l’appaltatore che ha materialmente edificato il fabbricato, ma anche tutti quei soggetti che, a vario titolo, hanno concorso alla realizzazione dell’opera, in particolare, il progettista e il direttore dei lavori che hanno concorso alla determinazione dell’evento dannoso. Un principio richiamato dalla Cassazione con la sentenza 8700/2016.
Con specifico riferimento a quest’ultima figura professionale, infatti, per il direttore dei lavori – nominato dal committente o dall’appaltatore – la responsabilità assume i contorni di quella extracontrattuale, pertanto, può anche concorrere con quella di questi ultimi ma solo quando le rispettive azioni o omissioni, costituiscono autonomi fatti illeciti che hanno contribuito causalmente a produrre l’evento dannoso. Il direttore dei lavori, quindi, in particolare quando viene nominato dall’appaltatore, risponde del fatto dannoso cagionato sia qualora non si accorga del pericolo, sulla scorta dell’esigibile capacità tecnica e perizia applicabile al caso concreto, ma anche qualora ometta di assegnare le dovute direttive, eventualmente esprimendo anche il suo dissenso nella prosecuzione dei lavori qualora non venissero concretamente seguite.
Tali principi sono stati espressi dalla II sezione civile della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8700, pubblicata in data 3.05.2016, relatore Orilia.
Il condominio citava in giudizio l’impresa costruttrice, nonché venditrice dell’immobile in condominio, per ottenere il risarcimento dei danni da infiltrazioni d’acqua e umidità. Nel costituirsi in giudizio, questa negava ogni responsabilità ritenendo che i danni, ove effettivamente esistenti, fossero imputabili in via esclusiva al progettista nonché direttore dei lavori, chiedeva pertanto la sua chiamata in causa.
Dopo i gradi di merito la causa arriva in Cassazione, che afferma: «Costituisce obbligazione del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica e pertanto egli non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente». E queste responsabilità sarebbero emerse chiaramente dalla Ctu, né il direttore dei lavori si sarebbe potuto avvalere del «principio dell’esclusione di responsabilità per danni in caso di soggetto ridotto a mero esecutore di ordini (…) si attaglia, ricorrendone determinate condizioni, alla figura dell’appaltatore, ma non a quella del direttore dei lavori il quale – come si è visto – assume, per le sue peculiari capacità tecniche, precisi doveri di vigilanza correlati alla particolare diligenza richiestagli: ragionare diversamente significa negare in radice la figura del direttore dei lavori».
Inoltre, prosegue la Cassazione, con riferimento al direttore dei lavori nominato dall’appaltatore «è stato altresì precisato che egli risponde del fatto dannoso verificatosi sia se non si è accorto del pericolo, percepibile in base alle norme di perizia e capacità tecnica esigibili nel caso concreto, che sarebbe potuto derivare dall’esecuzione delle opere, sia se ha omesso di impartire le opportune direttive al riguardo nonché di controllarne l’ottemperanza, al contempo manifestando il proprio dissenso alla prosecuzione dei lavori stessi ed astenendosi dal continuare la propria opera di direttore se non venissero adottate le cautele disposte».
Siamo, quindi, davanti a una responsabilità extracontrattuale da valutare alla stregua della diligenza e competenza professionale esigibile in questi casi, che può anche concorrere con quella del committente e dell’appaltatore «se le rispettive azioni o omissioni, costituenti autonomi fatti illeciti, hanno contribuito causalmente a produrlo». Paolo Accoti