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Giustizia: anche gli avvocati potranno valutare i capi uffici giudiziari
Secondo il ministro si potrà garantire una presenza nei consigli giudiziari con il voto dell’avvocatura
Anche gli avvocati potranno trovare spazio nella valutazione dei capi degli uffici giudiziari. Ad affermarlo è il ministro della giustizia Andrea Orlando, nell’intervento all’Incontro con i consigli giudiziari organizzato dal Consiglio nazionale Forense. “Penso che si possa sicuramente introdurre una presenza con voto dell’avvocatura” nei consigli giudiziari – ha annunciato il Guardasigilli – e su come garantirla si vedrà, in una discussione che “terrà conto del parere del Csm”.
La ratio dell’apertura
Il vero punto non risolto – ha spiegato Orlando nel corso del suo intervento – è infatti “quello delle capacità organizzative dei capi degli uffici”. “A mio avviso – ha aggiunto – il tema della valutazione effettiva, sul campo, delle capacità non può prescindere dalla valutazione di tutti coloro che sono chiamati a valutare la funzionalità in concreto degli uffici. E non può essere un parere stereotipato reso dal consiglio giudiziario a costituire la base effettiva per poter dare quella valutazione”.
Si tratta, in sostanza, ha concluso il ministro “di aprire una dialettica nella quale non vedo alcun pericolo per l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”.
I consigli giudiziari
I consigli giudiziari, si ricorda, sono organi territoriali dell’autogoverno della magistratura, che svolgono attività consultiva nei confronti del Csm, attraverso la redazione di pareri sulla progressione in carriera dei giudici, sul cambio di funzioni e altre evenienze della vita professionale dei magistrati, oltre all’attività istruttoria nell’ambito dei procedimenti relativi alla magistratura onoraria.
Oggi sono regolamentati dal decreto legislativo n. 25/2006 (in attuazione della delega dettata dall’art. 1, comma 1, lett. C) l. n. 150/2005) che ne ha innovato la disciplina, la composizione, le competenze e la durata in carica, istituendo anche il consiglio direttivo della Cassazione. Marina Crisafi