CONSULTA: Legge Severino, legittima la stretta sugli arbitrati (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Corte costituzionale. Promossa la necessità dell’autorizzazione pubblica

Legge Severino, legittima la stretta sugli arbitrati

Via libera anche alla disciplina della fase transitoria

Milano. La legge Severino, nella parte in cui condiziona ad autorizzazione l’utilizzo dell’arbitrato, passa l’esame di costituzionalità. Anche nella disciplina della fase transitoria. La Corte costituzionale con la sentenza n. 108, scritta da Daria de Pretis, depositata ieri, ha infatti giudicato infondate le questioni sollevate su quella parte della legge (articolo 1 comma 25 della legge n. 190 del 2012) che, nel prevedere la necessita dell’«autorizzazione motivata da parte dell’organo di governo dell’amministrazione» per la devoluzione ad arbitri della soluzione delle controversie su diritti soggettivi nell’ambito dell’esecuzione di contratti pubblici stabilisce l’applicazione anche a quegli arbitrati che sono stati conferiti dopo l’entrata in vigore della Severino sulla base di clausole compromissorie pattuite precedentemente. L’inefficacia sopravvenuta di queste ultime, non autorizzate dalla pubblica amministrazione, sarebbe in contrasto con il principio di certezza e di stabilità dell’ordinamento giuridico e con la libertà di iniziativa economica.
Una tesi che però la Corte costituzionale non condivide. Il divieto di deferire le controversie ad arbitri senza una preventiva e motivata autorizzazione, sottolinea la Consulta, non ha l’effetto di rendere nulle in via retroattiva le clausole compromissorie originariamente inserite nei contratti, ma “solo” quello di sancirne l’inefficacia per il futuro. Una conseguenza dell’applicazione del principio secondo il quale la nullità di un contratto o di una sua singola clausola, prevista da una norma limitativa dell’autonomia contrattuale che sopraggiunge nel corso di esecuzione di un rapporto, incide sul rapporto medesimo, non consentendo la produzione di ulteriori effetti, sicché il contratto o la sua singola clausola si devono ritenere non più operanti. Non si pone conseguentemente alcun problema di retroattività.
Quanto alla parte più strutturale, quella dell’autorizzazione, che contrasterebbe con gli articoli 3 e 111 della Costituzione perchè si «risolverebbe in un vero e proprio diritto potestativo all’instaurazione del giudizio arbitrale, tale da pregiudicare la parità delle parti nel processo e da determinare uno sbilanciamento in favore della parte pubblica», il giudizio finale resta il medesimo: infondatezza.

Per la Corte costituzionale si tratta di una limitazione che non è manifestamente irragionevole, vista la necessità della pubblica amministrazione di limitare i costi in controversie dall’elevato valore economico. Tanto più che, nel caso esaminato adesso dalla Consulta (che peraltro ricorda un precedente di tenore analogo del 2001, sentenza n. 376), si accompagna anche la finalità generale di prevenire l’illegalità nella pubblica amministrazione.
A questo obiettivo è ispirata la norma della legge Severino, che non esprime un irragionevole sfavore per il ricorso all’arbitrato, ma si limita a subordinare

il deferimento delle controversie ad arbitri a una preventiva autorizzazione amministrativa che assicuri la ponderata valutazione degli interessi coinvolti e delle circostanze del caso concreto. Giovanni Negri
Data: 10/06/2015

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