CORTE EUROPEA DIRITTI UOMO: Ricorsi in Cassazione con la sintesi (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Corte europea diritti dell’uomo. Legittimo l’obbligo di riassumere il ragionamento e indicare il principio
Ricorsi in Cassazione con la sintesi

L’obbligo di redigere un paragrafo di sintesi finale con un quesito di diritto nel ricorso in Cassazione, che riassuma il ragionamento seguito e indichi il principio di diritto che si ritiene violato, è conforme alle regole dell’equo processo garantite dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. È la Corte di Strasburgo a stabilirlo, con la sentenza depositata il 15 settembre (ricorso 32610/07) con la quale i giudici internazionali hanno respinto un ricorso contro l’Italia.
La vicenda ha preso il via dal licenziamento di un dirigente di una società informatica, il quale aveva impugnato il provvedimento nei suoi confronti. I giudici, in primo e secondo grado, gli avevano dato torto. Il ricorso in Cassazione era stato dichiarato inammissibile perché non erano stati rispettati i requisiti di forma fissati dall’articolo 366-bis del Codice di procedura civile, ormai abrogato. Di qui la decisione di ricorrere alla Corte europea per i diritti dell’uomo che, però, ha dato torto al ricorrente e ha colto l’occasione per delineare il perimetro d’azione del legislatore nazionale nella previsione di regole processuali interne che possono limitare il diritto di accesso alla giustizia.
Prima di tutto, i giudici internazionali partono dalla constatazione che il diritto a un giudice non è un diritto assoluto, ma si presta a limiti. Gli Stati – osserva Strasburgo – possono intervenire, grazie al margine di apprezzamento previsto nella stessa Convenzione, prevedendo regole idonee ad assicurare il buon funzionamento della giustizia.
Detto questo, però, pur nella discrezionalità concessa, gli Stati possono porre unicamente limiti che perseguano un fine legittimo e siano proporzionali.
Inoltre, nella fase applicativa, i giudici nazionali non devono procedere a interpretare le condizioni di ricorso in modo troppo formale, rischiando di violare il diritto di accesso alla giustizia. La compatibilità dei limiti previsti dall’ordinamento interno con il diritto di accesso alla giustizia dipende poi dalle particolarità della procedura, tenendo conto dell’insieme del processo e del ruolo svolto dalla Cassazione. Con la conseguenza che le condizioni di ricevibilità in ultimo grado possono essere più rigorose che nei casi di azione in appello.
Richiedere che nel ricorso in Cassazione sia inserito un paragrafo di sintesi del ragionamento seguito e che spieghi il principio di diritto che si ritiene violato è conforme all’articolo 6 della Convenzione. È escluso – osserva la Corte – che una simile previsione, fissata per di più in via legislativa, possa essere considerata un onere eccessivo per il ricorrente o per l’avvocato. Senza dimenticare, aggiunge la Corte, che l’azione in Cassazione è seguita da avvocati iscritti in un elenco speciale che hanno specifiche qualità professionali. Marina Castellaneta

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