ITALIA OGGI
Le conclusioni dell’avvocato della corte di giustizia ue
Prestazioni forensi imponibili Iva
Le prestazioni di servizi forensi non possono rientrare fra le operazioni esenti dall’Iva e la loro imponibilità non contrasta né con la direttiva, né con il principio di «parità delle armi» nel processo, sancito dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Questo il parere depositato ieri, 10 marzo 2016, dall’avvocato generale della corte di giustizia Ue nel procedimento pregiudiziale C-543/14, promosso dalla corte costituzionale belga in relazione ad alcuni ricorsi presentati a seguito della cessazione, con la fine del 2013, del regime transitorio di esenzione dall’Iva che il Belgio aveva accordato alle prestazioni degli avvocati.
È stato prospettato, in particolare, che l’assoggettamento all’Iva delle prestazioni di servizi rese dagli avvocati, senza considerare il fatto che, qualora la persona non benefici del gratuito patrocinio, ciò comporterebbe una discriminazione a danno dei privati, i quali sono onerati dell’Iva, rispetto ai soggetti passivi, che hanno invece diritto alla detrazione, potrebbe contrastare con i principi di accesso alla giustizia e di parità delle armi.
Inoltre è stata prospettata la possibilità di considerare le prestazioni forensi esenti dall’imposta ai sensi dell’art.132, par. 1, lett. g), della direttiva Iva, in quanto strettamente connessi all’assistenza e alla sicurezza sociale, oppure in base ad altra disposizione della direttiva stessa.
Cominciando da tale seconda questione, l’avvocato generale ritiene che la risposta debba «evidentemente essere negativa». L’art. 132, par. 1, lettera g), esenta «le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l’assistenza e la previdenza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da enti di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti dallo stato membro interessato come aventi carattere sociale», requisiti che, a tacere di altri aspetti, non possono ravvisarsi nella categoria professionale degli avvocati. La disposizione in esame, quindi, non consente agli stati membri di esentare i servizi prestati dagli avvocati, ancorché resi nell’ambito di un regime nazionale di gratuito patrocinio; né questa possibilità può desumersi da altre disposizioni della direttiva.
Quanto alla prima questione, concernente la presunta lesione di principi fondamentali, nel riconoscere preliminarmente che, in effetti, l’accesso alla giustizia è un diritto fondamentale che deve essere garantito sia dagli ordinamenti nazionali sia dal diritto dell’Ue, l’avvocato ritiene non vi sia alcuna incompatibilità tra l’imponibilità Iva dei servizi degli avvocati e il diritto di accesso alla giustizia.
A proposito dell’argomentazione circa i maggiori costi della difesa dei privati rispetto ai soggetti passivi che hanno diritto alla detrazione dell’Iva, l’avvocato generale ritiene che un aumento del costo pari all’Iva non sia lesivo della sostanza del diritto di accesso alla giustizia e del principio della parità delle armi. La stessa corte di Strasburgo ha ammesso che un livello di disparità delle armi, dovuto alla differenza di capacità di pagare per i servizi forensi, possa e addirittura debba essere tollerato. Inoltre, non è l’Iva a fare la differenza, potendo la disparità delle armi discendere da altri fattori come le differenze nel rapporto qualità-prezzo: un privato consumatore facoltoso, infatti, potrà pagare i servizi legali meglio di un commerciante in difficoltà finanziarie, anche se quest’ultimo detrae l’Iva. L’avvocato ha infine escluso che l’imponibilità delle prestazioni forensi rappresenti una discriminazione rispetto ad altre attività di interesse pubblico esentate dall’Iva, perché si tratta di prestazioni di contenuto differente. Franco Ricca