IL SOLE 24 ORE
No ad arresto europeo se il carcere è disumano
Il divieto di trattamenti disumani e degradanti dei detenuti ha un valore assoluto. Di conseguenza, le autorità nazionali dello Stato di esecuzione possono bloccare l’attuazione di un mandato di arresto europeo e impedire la consegna del soggetto colpito dal provvedimento se nello Stato di emissione le condizioni di detenzione mettono a rischio, sulla base di motivi seri e comprovati, il detenuto.
Nell’attuazione della decisione quadro 2002/584 sul mandato di arresto europeo e le procedure di consegna tra Stati membri (recepita con legge n. 69/2005) – scrive la Corte di giustizia Ue nella sentenza depositata ieri (cause riunite C-404/15 e C-659/15) – gli Stati sono tenuti a rispettare l’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che vieta i trattamenti disumani o degradanti. Necessario, però, che le autorità nazionali dello Stato di esecuzione procedano a un accertamento concreto sull’effettività del rischio.
Questi, per gli eurogiudici, i parametri da seguire: l’esistenza di carenze sistematiche o generalizzate, il rischio per determinati gruppi di detenuti, la peculiarità di taluni centri di detenzione. Nell’attività di accertamento, poi, devono essere considerate le pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo, nonché altri documenti internazionali. Tuttavia, la sola constatazione dell’esistenza di un rischio reale di trattamento degradante in base alle condizioni generali di detenzione nello Stato membro di emissione non autorizza, in sé, il rifiuto all’esecuzione del mandato di arresto. È necessario, infatti, per non intaccare il principio del mutuo riconoscimento e della fiducia reciproca, che le autorità dello Stato di esecuzione dicano no alla consegna sulla base di elementi oggettivi, affidabili, precisi e attuali nei confronti della persona oggetto del provvedimento. Mar.Ca .