IL SOLE 24 ORE
Corte Ue. Ingiustificata la detenzione di cittadini extra Ue per il solo transito senza regolare permesso
No al carcere per i migranti
Gli Stati devono procedere con celerità ai rimpatri previsti dalla direttiva
No alla detenzione di cittadini extra Ue che entrano in modo irregolare, attraverso una frontiera interna, in uno Stato membro. Questo perché gli Stati devono procedere con rapidità ai rimpatri per non vanificare l’obiettivo della direttiva 2008/115/Ce. È la Corte di giustizia dell’Unione europea a stabilirlo con la sentenza depositata ieri (C-47/15) destinata ad avere effetti ad ampio raggio sull’interpretazione delle normative degli Stati membri in materia di immigrazione. A rivolgersi a Lussemburgo, la Corte di Cassazione francese che ha chiesto, prima di pronunciarsi, alcuni chiarimenti ai colleghi Ue sulla direttiva 2008/115 relativa alle norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, recepita in Italia con il decreto legge n. 89/2011 (convertito con legge n. 129).
Questi i fatti. Una cittadina del Ghana si era diretta dal Belgio verso il Regno Unito, ma si era fermata nel punto di ingresso francese, al tunnel della Manica. Ne era seguito il fermo della polizia d’oltralpe per ingresso irregolare e un successivo trattenimento amministrativo in strutture non penitenziarie. La donna aveva fatto ricorso, respinto sia in primo che in secondo grado. La Cassazione ha chiamato in causa la Corte Ue.
Prima di tutto, gli eurogiudici hanno accertato, ampliando il perimetro della direttiva, che le norme Ue sui rimpatri vanno attuate anche se il cittadino extra Unione entra in uno Stato dello spazio Schengen passando attraverso un Paese nella stessa situazione e diretto verso uno Stato Ue, ma extra Schengen. Poco importa – osserva la Corte – che il migrante irregolare si trovi in una situazione di transito o che sia sottoposto a un procedimento di riammissione nello Stato Ue di provenienza perché è sufficiente che sia in uno stato di irregolarità.
Basta, così, per applicare la direttiva, il transito senza che sia necessaria la condizione della durata minima o della permanenza sul territorio. Ristretto il margine di intervento degli Stati che non possono sottrarsi all’applicazione della direttiva solo per il carattere temporaneo o transitorio della sosta, la Corte ha limitato il potere degli Stati nell’individuazione di sanzioni per chi viola le regole di ingresso e soggiorno. Già in passato, Lussemburgo aveva stabilito che la previsione del reato di soggiorno illegale è contraria alla direttiva (sentenza Achughbabian) e, con riguardo all’Italia, nella pronuncia El Dridi, che la detenzione allora prevista nei confronti di cittadini extra Ueche non rispettavano un provvedimento di espulsione, è incompatibile con la direttiva (di qui le modifiche alle norme italiane).
In quest’occasione, Lussemburgo fa un passo in più e boccia anche il reato di ingresso irregolare e la detenzione.
Le nozioni di soggiorno e di ingresso irregolare – scrive la Corte – «sono strettamente connesse» e, quindi, gli Stati «non possono consentire, in conseguenza del mero ingresso irregolare» che poi, inevitabilmente, porta a un soggiorno irregolare, la reclusione di cittadini di Paesi terzi per i quali deve scattare la procedura di rimpatrio. In caso contrario, sarebbe compromesso l’obiettivo della direttiva e il suo effetto utile, con inevitabili ritardi. Non solo. Se è in corso un procedimento di riammissione in uno Stato Ue dal quale il cittadino extra Ue proviene, anche quello lo Stato deve applicare la direttiva. Tutto all’insegna della massima celerità nel segno di un trasferimento rapido «verso lo Stato membro responsabile della procedura di rimpatrio». È, quindi, evidente che infliggere o eseguire una pena detentiva, prima del trasferimento, ritarda l’effettivo allontanamento con pregiudizio della direttiva. Resta ferma, invece, la facoltà, per gli Stati membri, di reprimere con la reclusione reati diversi da quelli relativi al solo ingresso irregolare. Marina Castellaneta
Massima
L’articolo 2, paragrafo 1, e l’articolo 3, punto 2, della direttiva 2008/115/CE (…), devono essere interpretati nel senso che un cittadino di un paese terzo soggiorna in modo irregolare nel territorio di uno Stato membro ricadendo, pertanto, nell’ambito di applicazione di tale direttiva, quando, senza soddisfare le condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza, transita in tale Stato membro in quanto passeggero di un autobus, proveniente da un altro Stato membro, appartenente allo spazio Schengen, e diretto in un terzo Stato membro al di fuori di detto spazio. La direttiva 2008/115 dev’essere interpretata nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro che consenta, in conseguenza del mero irregolare ingresso attraverso una frontiera interna, il quale determina il soggiorno irregolare, la reclusione di un cittadino di un paese terzo, nei confronti del quale non sia stata ancora conclusa la procedura di rimpatrio prevista dalla direttiva stessa.
Corte Ue, sentenza 7 giugno 2016 nella causa C-47/15