PANORAMA
Il Csm naviga (e si perde) nei milioni
Alla fine del 2016 l`avanzo, grazie al contributo dello Stato, dovrebbe essere di quasi 23 milioni. Nuova sede in vista?
Che cosa farà mai il Consiglio superiore della magistratura con quei 21,8
milioni di euro che gli «avanzano» nel consuntivo di bilancio per il 2015?
Parrà strano, in periodi di ristrettezze finanziarie, ma soltanto di come
spendere si discute da mesi nei corridoi di Palazzo dei Marescialli, sede del Csm. Per il suo costoso funzionamento (compensi e rimborsi spese dei consiglieri pesano da soli per 6,3 milioni), ogni anno il Consiglio incassa dallo Stato circa 34-35 milioni. Ma non riesce a spenderli tutti perché, come
ha rilevato lo scorso ottobre il presidente della commissione Bilancio del Consiglio, Pierantonio Zanettin, alcune voci di spesa sono «decisamente
sovradimensionate».
È il caso, per esempio, degli stipendi del personale di ruolo: nel 2015 il Csm
stimava uscite per 13,9 milioni, ma Zanettin segnalava che nei primi sei mesi dell`anno la cifra era ferma a 4,3 milioni perché la pianta organica conta «solo»185 dipendenti anziché i 243 previsti. Il risultato dello scompenso tra
entrate e uscite, nel bilancio previsionale 2016, dovrebbe gonfiare ancora l`avanzo portandolo oltre í 22,9 milioni. Così, alla fine di quest`anno,
sommando nuove entrate pubbliche per 34,4 milioni, più altre entrate e l`avanzo accumulato, il Csm si troverà a disporre di 69,4 milioni. Ritti li, da spendere.
Qualche consigliere-magistrato (alla faccia delle invocazioni alla spending review) ha proposto di destinare la cifra alla gestione ordinaria del Csm. Altri invece vorrebbero spostare la sede a Villa Lubin, l`elegante palazzo nel parco di Villa Borghese, occupato finora dal disciolto Consiglio nazionale dell`economia e del lavoro: in caso di permuta tra le due sedi, allo studio del Demanio, servirebbe ovviamente qualche investimento di ristrutturazione.
Per paradosso, il dibattito avviene proprio mentre da mesi la Corte dei conti chiede inutilmente di portare i conti del Csm sotto il suo «rendiconto giudiziale». È dal 1997 che questo non accade, e già ci sarebbe da preoccuparsi. Ma ai giudici contabili il Csm prima ha risposto picche, sostenendo di appartenere alla categoria degli «organi supremi dello Stato», accanto a Camera dei deputati, Senato e presidenza della Repubblica: i tre enti che la Corte costituzionale nel luglio 1981 (con la sentenza n° 129) stabilì non debbano essere rendicontati dalla Corte dei conti. Poi il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, ha presentato un ricorso alla stessa Corte costituzionale, lamentando la «grave lesione dell`autonomia costituzionale della magistratura». Sarà difficile che i supremi giudici della Consulta decidano contro i colleghi giudici del Csm. Maurizio Tortorella