DDL CONCORRENZA: A concorrenza alternata di Massimo Mucchetti Presidente della Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato della Repubblica. Partito Democratico (Il Foglio)

IL FOGLIO

A concorrenza alternata
Il ddl Concorrenza l’hanno svuotato interessi molto concreti. Il governo di suo ha rinviato porti, ferrovie e tlc alle calende greche. Poi ci sono ex monopoli. Parla il presidente di Commissione

di Massimo Mucchetti – Presidente della Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato della Repubblica. Partito Democratico

Al direttore – Che senso ha paventare l’attacco delle lobby al ddl del governo sulla concorrenza come fa il Corriere della Sera con il fondo di Francesco Giavazzi e l’intervista alla ministra Federica Guidi senza andare a fondo degli interessi in gioco? Proviamoci noi.
La legge annuale per la Concorrenza, prevista nel 2009, verrà varata nelle prossime settimane. In sette anni la montagna ha partorito un topolino: le grandi questioni – dai porti alle distorsioni del web, dalle ferrovie alle telecomunicazioni, dalla distribuzione del gas alle concessioni auto­ stradali, dalla previdenza integrativa ai servizi pubblici locali – restano fuori perché il governo preferisce trattare le materie importanti con provvedimenti ad hoc. La legge dovrebbe raccogliere le indicazioni dell’Antitrust. Ma di quale? Amato, Tesauro, Catricalà, Pitruzzella, tutte musiche diverse. La politica deve scegliere. Ma se al dunque si scelgono le minuzie, a che cosa serve una legge dal titolo pomposo?
Al Senato abbiamo ricevuto i lddl a metà ottobre. Ma legge di Stabilità, unioni civili, omicidio stradale, terzo settore hanno sovente fermato i lavori della commissione. Il calendario d’aula, del resto, lo fanno i partiti d’intesa con il governo. Il quale poi ha pure manifestato molte incertezze sul merito della concorrenza. Salvo usare la mancanza di relazione tecnica (che deve essere fatta dal governo medesimo), ovvero la presunta mancanza cli copertura finanziaria, per bocciare senza discussione emendamenti scomodi come è accaduto anche a me su web tax e previdenza integrativa, dove avrei toccato le rendite di Google & Co., dei sindacati e delle assicurazioni.
Questo ddl sulla Concorrenza ha il difetto di fare non di rado gli interessi degli ex monopoli. Stupisce che Giavazzi lamenti il divieto della distribuzione dei farmaci di fascia C, ma non colga come l’apertura indiscriminata al capitale della proprietà delle farmacie, che sono piccoli monopoli territoriali, sia esattamente quanto chiede la multinazionale Walgreens Boots Alliance che risulta in qualche rapporto con la politica italiana: non vale almeno la pena di segnare dei limiti antitrust territoriali e di fatturato?
Ma come fa Guidi a credere che la cancellazione dell’accertamento notarile dell’identità dei soci fondatori di una srl sia un fattore determinante per indurre una multinazionale ad aprire attività in Italia, e a non ascoltare il procuratore nazionale antimafia che teme infiltrazioni della criminalità organizzata allentando i controlli e la loro deterrenza? Come si fa a presentare i notai come una lobby esecrabile e gli avvocati o i commercialisti come verginelli? Forse sarebbe meglio sostenere la parte più moderna e liberalizzatrice del notariato e lasciar perdere le società di capitali nell’avvocatura quando perfino a Londra e a New York i servizi legali sono in partnership e non in Spa?
Poi ci sono silenzi o emendamenti, anche del governo, che sono o rischiano di diventare ad aziendam. Perché non correggere – lo dico al ministro dello Sviluppo economico – una normetta della legge di Stabilità che fa recuperare 120 milioni alla società elettrica Gala ai danni della Pubblica amministrazione modificando contratti già firmati e con ciò distorcendo la concorrenza? Alzando il tiro, perché si decreta la fine del servizio di maggior tutela nell’energia elettrica senza dire chi si prende i 20 milioni di famiglie i 4 milioni di partite Iva che dal 2007 l’hanno preferito alle offerte cosiddette libere ma in genere più onerose del 15-20 per cento? Mi sarebbe piaciuto che il Corriere della Sera avesse dato notizia della proposta di mettere a gara su base regionale, e con un tetto antitrust del 50 per cento, questo gigantesco bacino di utenza sulla base di un prezzo composto da una parte fissa (i costi commerciali e le attese di profitto del pretendente) e da una parte variabile (i costi di approvvigionamento dell’energia elettrica pari alla media della Borsa elettrica per fasce orarie nei tre mesi precedenti). Certo, l’Enel ha il 74 per cento di clienti del servizio di maggior tutela e con il ddl Concorrenza potrà loro aumentare la bolletta associando al servizio di base inutili servizi aggiuntivi. Ma per certi Catoni l’Enel non fa lobby.
Non capisco perché il governo favorisca la concentrazione elettrica ed eviti accuratamente di chiarire i criteri di valutazione del capitale investito nella distribuzione del gas con l’effetto pratico di impedire le gare pur previste dalla legge e lasciare una pletora di piccoli monopoli inefficienti. Misteri. Così come un mistero gaudioso è la timidezza di palazzo Chigi (il ministero dello Sviluppo economico ha abdicato da tempo) sulla distorsione generalizzata della concorrenza determinata dall’evasione fiscale effettuata dalle piattaforme di servizi on line e dalla posizione dominante che alcune di queste – da Google ad Amazon, da Appie a Booking -hanno costruito grazie all’innovazione tecnologica, di cui va dato loro atto ma di cui anche tendono ad abusare.
Lo Sherman Act venne varato negli Stati Uniti nel 1890 per contrastare i signori delle ferrovie, che certo erano all’avanguardia tecnologica rispetto ai tram a cavalli, e non di meno venivano bollati dai riformisti come robber barons. Ma oggi il governo oscilla tra il rinvio di ogni forma di web tax a decisioni europee, quando il Regno Unito di David Cameron ha già provveduto, e la delega a un manager di Amazon della politica digitale, salvo appoggiare, perché i voti sono voti in Italia come altrove, la Camera quando alla quasi unanimità vara la norma anti Booking.
L’esecrabile Senato forse riuscirà a rafforzare la norma del 2013 sulla trasparenza dei contributi e dei sussidi pubblici sia da parte dei soggetti erogatori, comprese le società quotate controllate dallo stato, sia da parte dei beneficiari, comprese le fondazioni, le associazioni e le onlus.
P.S. Un consiglio ai miei ex colleghi del Corriere della Sera. Negli articoli di fondo, evitino il plauso a Uber che licenzia il guidatore alla seconda lamentela da parte dei clienti chiamati a dare il voto. Così, senza contraddittorio. Pensino a che cosa capiterebbe alle redazioni se l’editore si uberizzasse.

Foto del profilo di Andrea Gentile

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