CORRIERE ECONOMIA
Salute & Concorrenza «Dentisti low cost, ma pieni di capitali»
La richiesta: limitare la presenza di soci finanziari negli studi. E prevedere ruoli certi agli iscritti all’Albo
Anche i dentisti scendono in campo contro le società tra professionisti e aspettano novità dal disegno di legge sulla concorrenza attualmente al Senato. Dopo le vibranti proteste degli avvocati, anche gli odontoiatri si schierano contro i capitali all’interno degli studi professionali. Negli ultimi anni, infatti, il settore è stato scosso (la due eventi: il calo del giro d’affari dovuto alla crisi (secondo l’Istat solo il 37,9% degli italiani va dal dentista) e l’arrivo di vere e proprie catene di settore che hanno rivoluzionato il rapporto con gli utenti. «Le società di capitali stanno tentando di invadere il mondo odontoiatrico italiano con l’obiettivo di lucrare in questo ambito – denuncia Gianfranco Prada, presidente dell’Associazione nazionale dentisti italiani —. I primi ad arrivare sono stati gli spagnoli, ma adesso operano sette o otto catene, anche tricolori. La nostra proposta è già stata presentata in Parlamento e ha trovato consensi trasversali: chiediamo che per le società nel settore odontoiatrico ci sia l’obbligo di avere almeno i due terzi del proprio capitale sociale posseduto da iscritti all’Albo. Insomma il controllo dello studio non deve essere in mano a puri investitori, ma a professionisti che rispondano a criteri di eticità e deontologia».
Abusivismo. Finora però non sempre la presenza di professionisti è stata garanzia di regolarità all’interno degli studi. «E’ vero — ammette Prada —. Esistono prestanomi che hanno permesso il proliferare dell’esercizio abusivo. Si tratta di una pericolosa pratica in costante aumento: basta soltanto che un odontoiatra copra con il suo nome uno studio dentistico e poi dentro possono lavorare odontotecnici e giovani neanche laureati mettendo a repentaglio la salute dei clienti e il lavoro dei colleghi. Nel caso in cui queste storture dovessero essere scoperte, i trasgressori rischiano un’ammenda fino a 500 euro. E’ evidente che non esiste l’effetto deterrente. L’unica vera pena incisiva può essere quella del sequestro dei macchinari. Sono talmente costosi che una simile norma sconsiglierebbe abusi di qualsiasi genere».
Insieme al problema dell’abusivismo cresce anche quello dell’utilizzo di prestazioni sottopagate per i giovani professionisti, per i quali è quasi impensabile progettare l’apertura di uno studio privato. E’ così che per molti di loro le catene low cost sono diventate una delle poche occasioni di lavoro sul campo ricevendo una retribuzione lorda che si aggira intorno ai 15-20 euro l’ora. Il tutto in un Contesto in cui diminuisce costantemente il numero degli studi aperti: nel 2013 l’Agenzia delle Entrate ha registrato 300 chiusure in Italia.
Confusione
Un dato figlio di un mercato più aperto e di una maggiore concorrenza anche su prezzi e prestazioni? «Si tratta di un falso mito contesta il presidente Andi —. Le catene usano prezzi civetta per alcune prestazioni in modo da attrarre clientela. Ma gli affari arrivano dopo. In queste cliniche abbiamo testimonianze costanti del fatto che i piani di trattamento sono stabiliti non da medici ma da direttori commerciali, che il paziente è considerato un mezzo per fare più prestazioni possibili e quindi più guadagno. Per questo abbiamo chiesto al Parlamento che sia un professionista iscritto all’Albo degli odontoiatri anche il direttore sanitario delle catene. A giorni ci attendiamo la fine di questa vicenda e finalmente una maggiore chiarezza nel nostro settore. Ci sorprenderebbe parecchio se il Senato non accogliesse le nostre istanze. Del resto, oltre che in Spagna questa deregulation esiste soltanto in Italia e Polonia. Non a caso gli unici mercati in cui sono presenti le catene». Potrebbe essere l’occasione per mettere ordine in quella che è stata ribattezzata (la tempo la «guerra dei trapano» ma anche per rispondere alle istanze delle categorie professionali (primi fra tutti gli avvocati) che denunciano i rischi di indipendenza e autonomia a causa della presenza dei soci di capitale negli studi professionali. Nella pratica è in atto una diffusa levata di scudi del mondo professionale contro l’apertura al mercato. Ma in tutta questa vicenda non bisogna dimenticare che finora le società tra professionisti hanno offerto pochi vantaggi (fiscali) e molta confusione (soprattutto in tema previdenziale). Se il disegno di legge sulla concorrenza riuscirà a sciogliere questi nodi potrebbe davvero cambiare faccia al mondo degli studi professionali. ISIDORO TROVATO