DIRITTO E GIUSTIZIA
Sulle nuove direttrici per l’emergenza giustizia
Con il decreto legge 31 agosto 2016, n. 168, recante Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa, il Governo segnala un’attenzione al pianeta giustizia. Gli effetti, tuttavia, sembrano del tutto ipotetici già dalle premesse.
Accelerazioni e buone intenzioni. Lo scorso 1° settembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il provvedimento emarginato, che un insieme di norme, con immediata entrata in vigore, dirette a tamponare le emergenze della giustizia. Le novità di dettaglio sono già state riportate dal quotidiano giuridico (cfr. Diritto e giustizia del 31 Agosto 2016, Semplificazione PAT, efficientamento giustizia e pensionamento magistrati: le valutazioni del CdM, e Diritto e giustizia del 1° settembre 2016, Approda in G.U. il decreto legge per l’efficienza giudiziaria); qualche glossa di commento può sempre giovare. In particolare, occorre una prognosi ragionevole su un punto decisivo: vi saranno delle reali accelerazioni o si tratta soltanto, al meglio, di una dichiarazione di intenti nel segno dei migliori auspici?
Novità in Cassazione. Il senso dichiarato della novella normativa è anzitutto quello di un’accelerazione del lavoro in Cassazione. Nella rubrica dell’art. 1 si legge infatti di Applicazione dei magistrati dell’Ufficio del massimario e del ruolo per lo svolgimento di funzioni giurisdizionali di legittimità per la definizione del contenzioso. In linea di principio, nessuna difficoltà a salutare un impiego di questi magistrati a sostegno dell’alleggerimento del carico, anche se i mal pensanti potrebbero rilevare che chi lavora al massimario sviluppa un tipo di mentalità poco avvezza all’udienza. Il cattivo pensiero potrebbe risultare in qualche modo confermato dalla precisazione che questo impegno straordinario debba avvenire cum grano salis, almeno per quel che concerne la composizione dei collegi, con un solo “supplente”: lo dice la lettera della legge. Sullo sfondo, decisivo appare un altro quesito: gli uffici ai quali costoro sono preposti resteranno sguarniti? Risulta forse meno importante la massimazione e documentazione del lavoro della Suprema Corte rispetto alla decisione su singole questioni, e dunque alla definizione del contenzioso pendente a Piazza Cavour?
Facciamo un esempio. Un magistrato applicato normalmente al massimario, al mattino, sta per estrapolare le massime di provvedimenti utili a tracciare gli indirizzi del Collegio; viene impegnato in udienza per un caso nuovo che magari (ma non necessariamente) ha la stessa materia di quel caso o di quei casi che si accingeva ad esaminare e massimare. Con ogni probabilità non avrà la possibilità di conoscere questa congiuntura (peraltro non essenziale ai fini di quanto qui proposto), ma sta di fatto che la “sua” massima avrebbe potuto giovare all’udienza che lo vede presente, in diversa veste. La giurisdizione, perseguita come un bene primario, rischia qui di essere meno efficiente di quanto avrebbe potuto se al mattino quel magistrato avesse ottemperato ordinariamente al proprio ufficio. L’effetto boomerang appare con tutta evidenza: l’accelerazione del sistema, del diritto, voluto per il tramite di questo “passaggio temporaneo a differenti funzioni” rischia di mal celare, all’opposto, l’arrancare del sistema, perché la documentazione alla quale il magistrato era (ed è normalmente) preposto ha subito un’impasse in grado di frenare il buon lavoro della Cassazione. In breve, un intervento di questo tipo non sembra contraddistinto da sicuro valore aggiunto, segnalandosi piuttosto come tentativo, probabilmente maldestro, di colmare problemi strutturali con interventi emergenziali, a tutto detrimento di un funzionamento virtuoso e virtuale della Cassazione.
Scelte incerte e tempi incerti. Come che sia, già in punto di metodo non è possibile salutare benevolmente queste previsioni normative. Sta di fatto che le indicazioni fornite dal decreto vanno lette, in parte qua, in termini di prognosi decisamente incerta. Leggiamo che il primo presidente della Cassazione può applicare temporaneamente magistrati (art.1), il che fa capire subito che le indicazioni del Governo sono provviste di sicura valenza simbolica, non foss’altro perché è chiaro che la responsabilità di conferire un potere non è certo responsabilità di esercitarlo. Il primo presidente della Suprema Corte dovrà considerare autonomamente l’indicazione normativa e fare uso del proprio potere per valutare l’applicazione dei magistrati del massimario e del ruolo a funzioni giurisdizionali. Ne assumerà oneri ed onori, se ve ne saranno.
Le promesse mantenute. La censura avanzata non implica una critica cieca al provvedimento, anche se le voci di commento in questi primi giorni non sono particolarmente lusinghiere. Va detto che il senso di precarietà segnalato con riferimento alla riforma che concerne la Cassazione si può contrapporre ad una percezione di senso opposto per quel che concerne altre previsioni. Segnatamente (basti un cenno), altrove si legge che il Ministro della Giustizia richiede al CSM di assegnare ai magistrati risultati idonei in sede di concorso ulteriori posti disponibili e che il CSM provvede entro un mese dalla richiesta (art. 2), che il tirocinio dei magistrati ordinari dichiarati idonei è ridotto in via straordinaria a dodici mesi (ibidem). Il lessico non mente: l’attesa di un maggior organico è certa, così come l’impiego accelerato delle nuove leve. Quando vuole il Governo sa fare promesse concrete; è così per ogni governo. Di certo, emende in sede di conversione se ne possono fondatamente ipotizzare (anche perché la montagna ha partorito il topolino: il decreto è l’explicit di un dibattito ben ampio sulle emergenze della giustizia, ed alcuni temi sono stati stralciati). Di certo, ci sono le premesse per qualcosa di meglio, o quanto meno ci sono le speranze. Gianluca Denora