Diritto dell’informazione. Passa in commissione la riforma della diffamazione
Più forte l’obbligo di rettifica, punite le querele temerarie
Milano. Passo avanti per la riforma della diffamazione. Il testo del disegno di legge è stato approvato alla Camera, in commissione Giustizia, e ora passa all’esame dell’Aula. «Un lavoro serio a tutela della libertà di informazione e dei diritti dei cittadini», sottolinea Walter Verini, capogruppo Pd in commissione e relatore del provvedimento, convinto di avare raggiunto un buono equilibrio tra diritti a volte in conflitto.
«Dopo la seconda lettura da parte del Senato, il nostro lavoro ha confermato punti qualificanti e introdotto miglioramenti. Intanto – avverte Verini – si conferma la cancellazione della pena del carcere per i giornalisti per questo tipo di reato. Inoltre, con la causa di non punibilità nel caso di pubblicazione integrale della rettifica richiesta, si tutela il diritto dei cittadini a non essere diffamati e la libertà dei giornali. Ci sono poi gli inasprimenti di sanzione in caso di querele temerarie, che spesso rappresentano vere e proprie intimidazioni a danno dei giornalisti. Si è pensato anche ai casi, purtroppo frequenti, di fallimento delle proprietà dei giornali, casi nei quali direttori e giornalisti vengono lasciati soli a risarcire, in caso di condanna, il danneggiato per diffamazione».
«In questi casi ci si potrà rivalere sulla proprietà fallita. Resta fuori il tema della diffamazione nei blog, da affrontare in sede di confronto sulle questioni della rete, anche dopo la fine del lavoro della Commissione preposta insediata dalla Presidente Boldrini e presieduta da Stefano Rodotà. Insomma, un lavoro positivo, frutto di un confronto vero e positivo anche con Federazione nazionale della stampa e Ordine dei giornalisti», conclude Verini.
Nel testo di riforma trova posto l’obbligo di pubblicazione della rettifica con la draconiana formula «senza commento, senza risposta e senza titolo», in tutti i casi in cui sia stato danneggiato onore o reputazione. Nella determinazione del danno derivante da diffamazione commessa con il mezzo della stampa o della radiotelevisione, il giudice tiene conto della diffusione quantitativa e della rilevanza nazionale o locale del mezzo di comunicazione usato per compiere il reato, della gravità dell’offesa, dell’effetto riparatorio della pubblicazione e della diffusione della rettifica.
Nel caso di diffamazione commessa a mezzo della stampa, di testate giornalistiche online registrate o della radiotelevisione, si applica la pena della multa da 5.000 a 10.000 euro. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione è avvenuta con la consapevolezza della sua falsità, si applica la pena della multa da 10.000 euro a 50.000 euro.
A deterrenza della presentaizone di querele temerarie è stata inserita la previsione di un pagamento da 1.000 a 10.000 euro alla Cassa delle ammende. Giovanni Negri