IL SOLE 24 ORE
Diritto civile. Con il varo della legge sul «dopo di noi» decollano questi contratti che «segregano» parte del patrimonio
Affidamento fiduciario garante di un progetto
Titolarità trasferita a scopi vari: dai passaggi d’impresa alle tutele personali
Mer.29 – Via libera ai contratti di affidamento fiduciario, per merito della legge sul dopo-di-noi, la 112/2016 («Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare»), approvata dalla Camera il 14 giugno, pubblicata in Gazzetta il 24 ed entrata in vigore il 25. Questi contratti, “sdoganati” dalla nuova normativa, hanno però una valenza assai più ampia di quella utilizzabile a tutela dei più deboli. Vediamo come.
Il contratto. Per contratto di «affidamento fiduciario» si intende il contratto con il quale un soggetto, detto affidante, si accorda con un altro soggetto, detto affidatario, affinché quest’ultimo, con riguardo a determinati beni la cui titolarità viene attribuita dall’affidante all’affidatario, impieghi tali beni a vantaggio di uno o più soggetti beneficiari, secondo un programma delineato dall’affidante e accettato dall’affidatario. Ad esempio, se un venditore e un acquirente convengono un pagamento dilazionato del prezzo di compravendita e (in attesa della maturazione del termine di pagamento) ne pattuiscono, “a garanzia”, il deposito presso un soggetto terzo, utilizzando il contratto di affidamento fiduciario si ottiene l’effetto che il denaro entra nella piena disponibilità dell’affidatario, il quale deve però svolgere, con riguardo al denaro affidatogli, l’attività descritta nel programma che gli è stato impartito, vale a dire il pagamento del prezzo di compravendita alla scadenza pattuita. Ancora, se Tizio è un anziano proprietario di immobili che gli fruttano un reddito periodico, egli, in previsione di non poter più provvedere all’amministrazione dei suoi beni, li può attribuire a un affidatario, con il programma di gestirli, riscuoterne le rendite, investire il denaro ricavato e anche di utilizzarlo, in tutto o in parte, per provvedere alle esigenze di vita e di salute dell’affidante medesimo (salvo poi riversarli ai suoi eredi, dopo la sua morte). I soggetti del contratto di affidamento fiduciario possono essere persone fisiche o giuridiche; in particolare, l’affidatario non deve necessariamente avere caratteristiche professionali. Anche quanto ai beni oggetto di affidamento, così come accade per il trust, non vi sono limitazioni (invece, nel caso del vincolo di destinazione ai sensi dell’articolo 2645-ter del Codice civile, il vincolo è limitato a beni immobili e beni mobili registrati).
Con il contratto di affidamento fiduciario si origina dunque, nel patrimonio del soggetto affidatario, una sfera patrimoniale “segregata” rispetto al suo patrimonio generale, alle cui sorti il patrimonio affidato resta insensibile: in altre parole, ad esempio, se l’affidatario sia coniugato in regime di comunione dei beni, i beni affidati non entrano nel regime di comunione; se l’affidatario ha ragioni di debito (per obbligazioni non dipendenti dal contratto di affidamento fiduciario), i beni affidati non sono sottoponibili a esecuzione da parte dei creditori personali dell’affidatario. Viceversa, dei debiti contratti nell’esercizio dell’affidamento fiduciario, rispondono i beni affidati e non quelli personali dell’affidatario (i quali, peraltro, restano soggetti all’esecuzione dei creditori dell’affidatario per la responsabilità in cui l’affidatario incorra nell’esercizio del suo “mandato”).
Gli effetti. Questo effetto segregativo, che si produce in capo all’affidatario in conseguenza dell’affidamento fiduciario, era ipotizzato da insigne dottrina anche anteriormente al varo della legge sul “dopo-di-noi”. Se di tale effetto si potesse mai dubitare, la predetta legge è venuta comunque a tacitare ogni discussione: infatti, essa prevede che, in caso di affidamento fiduciario, si origina in capo all’affidatario un “fondo speciale” e cioè appunto un patrimonio separato. Se è questo l’effetto dell’affidamento fiduciario, esso può servire anche come formidabile strumento di protezione patrimoniale per l’affidante: infatti, questi perde la titolarità dei beni dati in affidamento e, venendo tali beni vincolati all’attuazione del programma che egli ha dettato, essi si rendono appunto insensibili alle pretese esecutive dei creditori dell’affidante. È chiaro tuttavia che si deve trattare di un contratto “vero” (e non fasullo), e cioè che il programma dettato dall’affidante deve essere reale e meritevole di tutela poiché, in mancanza, nessun affidamento si originerebbe.
In quest’ambito è chiaro che anche la figura dell’affidatario è di centrale rilevanza: se si tratti di un soggetto che svolga solo un materiale ruolo di esecutore di ordini altrui e quindi il “programma” si riduca a un mero mandato, la segregazione patrimoniale non si origina. L’affidatario, come detto, non deve necessariamente essere un soggetto professionale, perché esistono ambiti di natura personale nei quali è indubbio che sia più funzionale un affidatario legato da rapporti di frequentazione e affetto. Al di fuori di questi casi, però, è indubbio che lo status professionale dell’affidatario aiuta a considerare il contratto in questione come originatore di un effettivo vincolo di destinazione. Angelo Busani